Prima lettura del 18 marzo 2019

Al Signore la misericordia e il perdono
Dn 9, 4-10

"Signore Dio, grande e tremendo, che sei fedele all’alleanza e benevolo verso coloro che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi! 
Non abbiamo obbedito ai tuoi servi, i profeti, i quali nel tuo nome hanno parlato ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese. 
A te conviene la giustizia, o Signore, a noi la vergogna sul volto, come avviene ancora oggi per gli uomini di Giuda, per gli abitanti di Gerusalemme e per tutto Israele, vicini e lontani, in tutti i paesi dove tu li hai dispersi per i delitti che hanno commesso contro di te. 
Signore, la vergogna sul volto a noi, ai nostri re, ai nostri prìncipi, ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te; al Signore, nostro Dio, la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui, non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, né seguito quelle leggi che egli ci aveva dato per mezzo dei suoi servi, i profeti".

Quello del profeta Daniele, è un libro nato per portare speranza in tempo di crisi. E oggi abbiamo bisogno di speranza, abbiamo bisogno della profezia visionaria di Daniele. Nel suo libro il credente è l'uomo della speranza, impegnato a vivere un intenso rapporto con il Dio vivente; Dio è presente nella storia e dona la vita oltre la morte.

La storia vede le vicende di Nabucodonosor, re di Babilonia, che regnò per ben 45 anni e assediò a più riprese Gerusalemme.
Alla fine, la conquistò, distruggendo e depredando il tempio (586 a.C.).
Il conquistatore deportò per primi i nobili e i migliori giovani al servizio di corte.
Daniele era fra questi. Entrato a sevizio dei re di Babilonia, si impose di non farsi fagocitare dalla cultura dei dominatori, restando fedele alle leggi del suo popolo.
Il profeta Ezechiele, suo contemporaneo in esilio, dichiarò che Daniele era un esempio di rettitudine e di sapienza (cfr. Ez 14,14; 28,3).

Il capitolo 9 inizia con Daniele che supplica con forza Dio a favore del suo popolo.
Chiede umilmente aiuto a Dio e confessa gli errori delle tribù d'Israele.
È un brano con un linguaggio a cui non siamo abituati.
Parla a un Dio tremendo e chiede perdono per la vergogna di un popolo ribelle, empio e malvagio.
Si sente serpeggiare in sottofondo la convinzione che la situazione di schiavitù vissuta in esilio è il salario del peccato commesso (cfr  Rm 6,23).
Come a dire che se Israele è nel dolore lontano dalla patria, se lo è meritato.
In questo popolo si mette anche lui,: "a noi la vergogna sul volto"!
Il versetto successivo a questo brano dirà:
"Tutto Israele ha trasgredito la tua legge, si è allontanato per non ascoltare la tua voce; così si è riversata su di noi la maledizione sancita con giuramento, scritto nella legge di Mosè, servo di Dio, perché abbiamo peccato contro di lui" (Dn 9,11).

È un brano tagliente, dove si sente tutta la pesantezza del peccato "che ci assedia" (cfr. Eb 12,1), ci intralcia e ci toglie la forza di andare avanti.
Una delle conseguenze del peccato è la sfiducia in se stessi.
E si insinua il terribile sospetto che Dio non ci accetti più, ci rifiuti e si allontani.
Riconoscersi peccatori, e contemporaneamente riconoscere la misericordia di Dio, ci salva dalla sfiducia e ci fa alzare lo sguardo sul misericordioso.
È questo il culmine dell'invocazione di Daniele.

La guerra perduta contro l'oppressore babilonese, la schiavitù, la grande sofferenza del momento, porta con se il dubbio che Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe si sia allontanato per sempre dal popolo.
Ma più va avanti la preghiera del profeta Daniele e più rinasce una profonda fiducia,
"Le grazie del Signore non sono finite,
non sono esaurite le sue misericordie.
Si rinnovano ogni mattina,
grande è la sua fedeltà". (Lam 3,22-23)

Il Padre non dimentica e abbandona i suoi figli (cfr. Isaia 49, 13-16; Ebrei 13, 5) anche nei momenti più difficili della vita.

Dio rimane con noi nella valle dell’ombra della morte ed è con noi in qualsiasi pericolo ci possiamo trovare.
In qualsiasi situazione difficile, di afflizione, tenebrosa, anche se siamo vicino alla morte, a causa del nostro peccato, Dio non ci abbandona!
In sintesi Daniele afferma: a noi la vergogna, a te la misericordia!
Allora la memoria del peccato, vergognarsi per averlo fatto e chiedere perdono, è una grazia che apre la strada verso l'esperienza del risentirsi accolti e giustificati.
Sembra di risentire le parole del Salmo 32,5: "Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità» e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato".

Paolo evangelizzerá la vergogna, arrivando all'annuncio: "dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia" (Rm 5,20).
Questo approdo apre la porta alla guarigione interiore e all'esperienza della riconciliazione.
Quando ci rendiamo conto del nostro  peccato, sono due i pericoli da evitare: da un lato quello di cadere nella disperazione; dall'altro, al contrario, quello di rassegnarsi alla propria con­dizione e chiudersi.
La via di uscita è quella che il profeta Daniele sperimenta e manifesta nella sua preghiera e che noi ripetiamo un attimo prima di attingere alla fonte della salvezza: "Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di soltanto una parola e io sarò salvato" (cfr. Mt 8, 8).

Commenti

  1. “Chiedere la grazia di conoscere i nostri peccati”
    Conoscere i propri peccati è davvero difficile. Dice Isacco il Siro che è più facile conoscere Dio che conoscere i nostri peccati. Riconoscersi peccatori è fare la verità su di noi e in questo siamo ostacolati dal principe della menzogna che è sempre all’opera. Quando riusciremo a dire “mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa” siamo vicini alla verità.

    Per questo è necessario chiedere il dono della luce per vedere noi stessi in rapporto ai doni che Dio ci fa.
    La tradizione orientale ci presenta la preghiera dell’esicasmo: ripetere senza fine “Signore Gesù abbi pietà di me peccatore”, per ottenere il dono della verità su se stessi: sentirsi per quello che realmente siamo, peccatori.
    Riconoscerci tali non è masochismo ma “operazione verità”. 
    (Giuseppe Mani)

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  2. Anche se tutto ciò che volete fare è dimenticare il vostro passato, Dio può usarlo per portarvi più vicino a Lui
    Signore onnipotente, Dio d’Israele, un’anima angosciata, uno spirito tormentato grida verso di te. Ascolta, Signore, abbi pietà, perché abbiamo peccato contro di te. [Baruc 3, 1-2]

    Dio può usare il nostro passato. Anche se tutto ciò che ci viene voglia di fare quando ci pensiamo è cancellare tutto, Dio può usarlo. Potremmo agire come Baruc, stanchi e pieni di angoscia per un peccato confessato e perdonato da molto tempo, ma Dio non vede quel peccato. Vede suo figlio che torna a casa. Come il padre del figliol prodigo del Vangelo di Luca, si rallegra in noi. E può prendere il nostro peccato assolto e trasformarlo in una testimonianza, o in compassione, o in desiderio di Lui.

    Sarebbe stato meglio se non avessimo peccato? Ovviamente sì, ma in qualche modo è meglio essere perdonati che non essere caduti: “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5, 20).
    È bene pentirci dei nostri peccati. È incredibile che il nostro pentimento porti a un perdono totale. Permettiamo al Signore di donarci la libertà di confidare nel fatto che quando dice che fa nuove tutte le cose lo intende davvero.

    Noi non siamo il nostro peccato. Abbandoniamo la vergogna e lasciamo che Dio usi il nostro passato per fare del bene.
    (Meg Hunter-Kilmer)

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  3. Dio mi rivolta come un calzino!
    Lo devo ripetere Vento volte oggi..
    E venuto per me;
    Per fare emergere la verità di me stesso,non apparendo un masochista, si diceva piu sopra!
    Grazie per questo.
    Pero ' fa male riscoprirsi DIVERSO da quello creduto,conosciuto ,aapprezzato dagli altri!
    Non farmi pentire di questa verità di me stesso...
    Fammi continuare a scoprirmi

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  4. Il peccato non ferma la misericordia di Dio, perché ha forza di una cascata, lava e distrugge ogni detrito, ogni impedimento. Grazie Signore per il tuo perdono, per avermi fatta vergognare del mio peccato, per le lacrime del pentimento, ma soprattutto del tuo abbraccio

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  5. Noi non siamo il nostro peccato. Abbandoniamo la vergogna e lasciamo che Dio usi il nostro passato per fare del bene.
    (Meg Hunter-Kilmer)

    L identificazione col peccato è uno degli ostacoli più grandi alla guarigione . Sentirsi macchiati per sempre da quella colpa, come se fosse dipinta in volto e caratterizzasse per sempre chi l' ha commessa. No io non sono il mio peccato ed anche se " il mio peccato mi sta sempre dinanzi" io so Padre che "presso di te è il perdono". Insegnami a distogliere gli occhi dal mio peccato e a rivolgerli a te

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  6. Sal 78

    Signore, non trattarci secondo i nostri peccati.
    Non imputare a noi le colpe dei nostri antenati:
    presto ci venga incontro la tua misericordia,
    perché siamo così poveri!

    Aiutaci, o Dio, nostra salvezza,
    per la gloria del tuo nome;
    liberaci e perdona i nostri peccati
    a motivo del tuo nome.

    Giunga fino a te il gemito dei prigionieri;
    con la grandezza del tuo braccio
    salva i condannati a morte.

    E noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo,
    ti renderemo grazie per sempre;
    di generazione in generazione narreremo la tua lode.

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  7. Poiché sole e scudo è il Signore Dio; il Signore concede grazia e gloria, non rifiuta il bene a chi cammina con rettitudine. Signore degli eserciti, beato l’uomo che in te confida” (Salmo 84, 12-13).

    Signore non lasciare che il mio peccato mi faccia vergognare così tanto da farmi scappare da Te, ma che al contrario mi faccia correre da Te che sei Padre per confidarlo e col Tuo perdono sentirmi libera e figlia amata.

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