Seconda lettura di domenica 17 marzo 2019

Rimanete saldi nel Signore!
Fil 3, 17- 4.1

"Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. 
Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. 
Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. 
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!"

La lettera ai Filippesi è un bellissimo e breve scritto di Paolo, indirizzato agli abitanti di Filippi, una città fiorente situata a nord della Grecia attuale, nella regione della Macedonia.
Colpisce in questa lettera la gioia per la condivisione fraterna, la consolazione che Paolo dimostra per la vicinanza di questi fratelli, pur essendo lui in catene a Roma.
Sta finendo il suo percorso di evangelizzazione che lo porterà al martirio, e si ricorda di questa comunità fondata nel suo secondo viaggio missionario, che aveva accolto l'annuncio della parola di Dio con grande trasporto.

L'incontro con Cristo ha cambiato profondamente il mondo interiore di Paolo, segnato dalla Legge e da precetti opprimenti fine a se stessi che erano d'intralcio alla conoscenza del Dio vivente.
Egli non si sente un arrivato, ma ha ormai lo sguardo fisso su Gesù e sulla sua misericordia.
La sua fede non è più incentrata su una prassi dettagliata di culti e segni che separavano dai pagani e facevano chiudere la religione ebraica in se stessa, ripiegata sul proprio "ventre".
Piuttosto lo sguardo è volto in alto, in ascolto e accoglimento della Grazia che proviene dal Padre.

Perciò Paolo può chiedere ai Filippesi di imitare il suo l'esempio e di quelli che hanno annunciato il Vangelo con lui.
Si crea così una catena di imitatori, un esempio, un contagio, che passa da credente a credente, perché tutti possano essere afferrati da Cristo.
Inoltre "imitatori" andrebbe tradotto letteralmente con "camminate come cammino io".
Il cristiani era chiamati, nei primi secoli, "quelli della Via" proprio perché seguivano la Via che è Cristo.
Paolo, che adesso conosce una via diversa dalle norme e i precetti, esorta a camminare come fa lui dietro al Maestro.

La frase “l'esempio che avete in noi
non da l'idea di quello che Paolo intende.
In greco esempio viene da “tipo”, che vuol dire colpire, ferire, dare dei colpi.
Praticamente lui è rimasto colpito, gli è rimasto impresso il Signore come un sigillo sul cuore.
Questo lo fa diventare modello e altri possono essere colpiti. È contagioso, ripetibile, perché annuncia il Cristo.

"La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. 
Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra".
Fermarsi alle leggi alimentari giudaiche, che riguardano appunto solo il ventre, è mettersi contro, diventare nemici, del progetto di Dio che ha portato il proprio Figlio sulla croce per salvarci "quando ancora eravamo peccatori" e senza meriti.
Che strana religione è quella che invece di adorare Dio adora i segni, cioè riti e regole fatti da noi, ma che non dovrebbero mai essere fine a se stessi!
E di questo ci si può addirittura vantare  e farne il contenuto della propria preghiera:
"O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le  decime di tutto quello che possiedo" (Lc 18, 11-12).
Di questo un credente può solo vergognarsi, afferma Paolo.

Si è nemici della croce quando ci si appoggia a una predicazione che insiste sui precetto della legge, rendendo così vano il sacrificio di Cristo (cfr. 1Cor 1, 17).
Quando si oscura la dimensione del dono gratuito della salvezza e si enfatizza la necessità dell'osservanza di precetti e tradizioni come condizioni imprescindibili di salvezza, quando si fà esageratamente leva sull'impegno, per meritare, anziché riconoscere il dono gratuito, si sposta l'attenzione dal Signore alla mia "buona volontà" dimenticando la Via.

Papa Francesco ha parlato più volte di neopelagianesimo, richiamando un'eresia antica che aveva assolutizzato i criteri volontaristici che abbiamo ricordato sopra.
In particolare, ha detto che l’eresia pelagiana «spinge la Chiesa a non essere umile, disinteressata e beata.
E lo fa con l’apparenza di un bene.
Il pelagianesimo ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte. Spesso ci porta pure ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività...
La dottrina cristiana non è un sistema chiuso... ma è viva, sa inquietare, sa animare.
Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo».

"La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo".
La certezza di Paolo è che siamo già seduti nei cieli in Cristo! (Ef 2, 6).
La nostra "patria” è il Regno di Dio; la vita in questo mondo è un esilio: "Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione -, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore".(2Cor 5, 6-8)
Questa forza lo fa essere gioioso  con i fratelli e senza paura di fronte la morte!
Lui, cittadino del cielo, a Roma attendeva già salvato di raggiungere il Padre.

Cristo " trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose".
Paolo annuncia e attende la rivelazione di Gesù Cristo quale compimento della storia umana, senso ultimo di ogni cosa, perché “tutte le cose sono state create per mezzo 
di lui e in vista di lui” (Col 1, 16).
La sua manifestazione finale toglierà il velo che copre la realtà e mostrerà il senso profondo di tutto.
Anche la fragilità del nostro corpo verrà trasfigurata. E la debolezza, il limite, che sono stati la croce più vera della nostra vita, mostrerà il suo senso profondo.

"Rimanete in questo modo saldi nel Signore". 
L'invito a rimanere saldi richiama tutta la difficoltà dell'attesa e della speranza con cui dobbiamo vivere i nostri giorni.
La fiducia, la nostra capacità di attesa, in una parola la speranza, sono le realtà più duramente messe alla prova nel nostro cammino in questo mondo.
Quando tutto vacilla, si domandano i saggi rabbini nel Talmud, il Giusto cosa può fare? "Rimanere saldo", è la loro misteriosa risposta.
L'unica cosa che in fondo ci viene chiesto è fare memoria e rimanere saldamente ancorati alla promessa del Signore, ricordando che se ora non tutto è chiaro, è vicino il tempo in cui tutto sarà rivelato.
I fratelli sono, in questa attesa, gioia, consolazione e compagni di cammino.
Solo insieme questo percorso è possibile. Solo andando verso gli altri, dimenticandosi di accaparrare nutrimento per noi stessi, si aspetta felici il ritorno del nostro Salvatore Gesù Cristo.

Commenti

  1. L’uomo già figlio e già erede vedrà compiutamente se stesso e il suo destino quando il suo volto si specchierà occhio contro occhio in quello di Dio, e saranno una filialità e un destino che investiranno la stessa redenzione del corpo: “Aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,20-21). L’esistenza cristiana si muove pertanto tra un già di salvezza e un non ancora del suo pieno svelamento, che costituisce l’oggetto della speranza: quel compimento futuro non ancora visibile, un non visto atteso nella perseveranza, nell’attenzione a non scindere la croce dalla resurrezione e la resurrezione dalla croce, legando il gemito a una “speranza che non delude” (Rm5,5), uno sperare contro ogni speranza alla maniera di Abramo, oltre la disperazione (cf. 1Ts 4,13).
    (Giancarlo Bruni)

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  2. Cosa significa comportarsi da nemici della croce di Cristo? Nel contesto della lettera, questi « nemici » sono gli stessi « cattivi operai » di cui si parla all’inizio del capitolo terzo, sono cioè i giudaizzanti, coloro che pensano che l’elemento centrale della salvezza non sia Gesù Cristo, ma la circoncisione e l’appartenenza alla tradizione veterotestamentaria. 
    Il mistero pasquale del Cristo, questo uomo che è stato messo a morte su una croce e poi è risorto, diventa così un elemento marginale in ordine alla salvezza, perché questa ha la sua radice nella circoncisione e la sua realizzazione nell’osservanza della Legge. Si tratta quindi di persone profondamente legate alla rivelazione veterotestamentaria e che interpretano l’esistenza cristiana in chiave veterotestamentaria. Questo è il punto decisivo: considerare, in fondo, la croce di Cristo come uno scandalo, una cosa che non ha molto senso.
    (Gianni Zaccherini)

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  3. Nella domenica in cui la Chiesa ci invita a contemplare Gesù trasfigurato sul monte, la seconda lettura ci parla della trasfigurazione che attende anche noi e si realizzerà quando Gesù verrà nella gloria. In questo terzo capitolo della lettera Paolo attacca duramente alcuni missionari giudeo-cristiani che all'interno della comunità di Filippi avevano riportato le usanze della religione israelitica (specialmente la circoncisione) e che si ritenevano perfetti. Paolo ricorda ai Filippesi che il messaggio di salvezza portato da Cristo è radicalmente nuovo rispetto alla legge di Mosè. Li esorta quindi a rimanere saldi nel vangelo che lui ha predicato loro con la parola, ma soprattutto con l'esempio, nell'attesa di essere uniti definitivamente a Cristo nella sua gloria.
    (www.qumran2.net)

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  4. Bellissima l' immagine mia...
    La mia figura attuale,qui sulla terra è prestata...
    Io sono di passaggio, Realmente!
    In questa ottica affronto più distaccato la mia quotidianità.
    Non sono eterno QUI!
    Aiutami a prendere consapevolezza vera,di quanto detto, dopo questa stupefacente Ri- velazione di Paolo.

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