Prima lettura del 9 aprile 2019


Chiunque lo guarderà, resterà in vita.
Nm 21, 4-9

"In quei giorni, gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio.
Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero».
Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti».
Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita».
Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita".

Il libro dei Numeri è il quarto libro della Bibbia, fa parte della Thorà ed è composto da 36 capitoli che raccontano la storia degli ebrei dopo l'uscita dall'Egitto nel cammino del deserto
(circa 1200 a.C.).
Il racconto si snoda attraverso alcuni episodi fondamentali, quali la partenza dal monte Sinai; l'invio di spie ad esplorare Canaan, la terra promessa; la ribellione del popolo per paura degli abitanti che già occupano quella terra; il rifiuto ad entrarvi; la decisione del Dio dell'esodo di prolungare il viaggio di 40 anni, perché il popolo non è ancora maturo a ricevere il dono; il fallimento di Mosè; le vittorie finali e la fine del tempo del cammino nel deserto.
Il libro ha un messaggio senza tempo, perché ricorda ad ogni credente la battaglia spirituale che si snoda in tutta la vita tra dubbio e affidamento, tra paura e fiducia nel Dio della salvezza.

Nel momento della ribellione a Dio e al suo profeta, Israele viene fermato dall'apparire di serpenti velenosi che portano morte.
Chi li salverà dai serpenti come li aveva salvati dalle piaghe di cavallette, rane e tafani in Egitto?

Il terrore gli fa perdere la memoria delle opere salvifiche passate.
Senza più fiducia in Dio e in Mosè sono in balia del deserto e delle insidie che vi si nascondono.

Dubitare della bontà di Dio, sospettare che li abbia portati nel deserto a morire, è la sfiducia mortale di sempre, quella che aveva portato Adamo ed Eva alla ribellione, dando retta all'altro incantatore, il "nachash" dell'Eden.
Anche qui i serpenti insinuano il dubbio che Dio li abbia abbandonati nella morte, che non si curi più di loro.
Il serpente inoltre rappresenta l'arroganza di giudicare il disegno di Dio e la sua volontà salvifica.
In questa nuova caduta del popolo, il Signore mostra la sua misericordia e non li abbandona nella morte.

Il serpente fatto di rame innalzato su di un palo, è segno della potenza del Dio dell'esordo, che libera dal morso dei serpenti, come già aveva liberato dal morso schiavizzante e mortale del faraone egiziano.
Nel libro della Sapienza troviamo un'interpretazione di questo episodio, cogliendo nel serpente un segno di salvezza: “chi si volgeva a guardarlo era salvato non per mezzo dell’oggetto che vedeva, ma da te, Salvatore di tutti” (Sap 16, 7).

Per il Nuovo Testamento l'innalzamento del serpente diviene profezia dell'innalzamento di Gesù.
"E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 14-16).

Nel Vangelo di Giovanni in questo dialogo con Nicodemo, di notte, si sottolinea che la volontà del Padre è farci passare dalle tenebre alla luce per donarci la vita eterna.
La croce è la luce nelle tenebre dell'uomo, è l'apice della Gloria, il trono di Cristo Re dell'Universo e la fonte della salvezza per l’intera umanità.
Al momento della deposizione dalla croce "vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre" (Gv 19, 39).
Egli aveva visto nel Crocefisso la Gloria annunciatagli ed era andato ad ungere il Re.
Il passaggio dall'ascoltare Gesù nelle tenebre, fino ad ungere il suo corpo pronto per il sepolcro, fa passare Nicodemo da membro eminente del Sinedrio ad essere discepolo che guarda alla croce non più come scandalo dei giudei, ma segno dell'amore portato fino alla fine.

Un serpente che semina la morte diventa segno di guarigione e di vita; per questo è simbolo della Croce di Gesù, che, da strumento di uccisione, diviene sconfitta della morte e via alla risurrezione.
Nessuno guarderebbe volontariamente la sua morte in faccia! Ma l'antidoto alla morte viene dall'alzare lo sguardo, dal riprendere fiducia nel potere taumaturgico di Dio, dall'ancorarsi alla Roccia della salvezza, lui solo porta alla Vita!
Come il serpente, che aveva portato il terrore della fine, è innalzato affinché chiunque, vincendo la paura del nemico, lo guardi per riavere vita, così la morte, terrore di ogni uomo, è mostrata come il passaggio necessario alla Vita che non muore.
Solo il Padre può fare di un obbrobrio un simbolo di salvezza, solo lui, padrone della vita e della morte, può catechizzare il male e rivelarsi come colui che lo domina!

Anche la croce, segno di morte ignobile, punizione per schiavi e reietti da Dio e dagli uomini, diventa il segno da guardare per riavere vita e fiducia nel cammino.
Il racconto della liturgia di oggi, ci prepara ad innalzare lo sguardo credente verso il Crocifisso e a tenerlo fisso su di lui, Salvatore di ogni uomo.
La Croce è la prova definitiva e appassionata di Dio, calamita d'amore per ogni uomo e ogni donna della terra: "Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me!" (Gv 12, 32).


Commenti

  1. Ma cosa significa «essere innalzato»? Significa certamente essere elevato da terra, e Gesù lo sarà
    sulla croce (cf. Gv 8,28); ma significa anche essere innalzato da Dio (cf. Gv 12,32), che prenderà Gesù
    nella sua gloria e lo proclamerà Signore. Insomma, siamo di fronte all’annuncio centrale della nostra fede,
    fatto nel linguaggio giovanneo: quello della passione, morte e resurrezione di Gesù. Ecco perché
    l’evangelista sente il bisogno di interrompere il racconto per commentare l’annuncio di Gesù, e lo fa con
    parole che rappresentano una sorta di vangelo nel vangelo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo
    Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna». Con l’intera sua vita
    spesa fino alla morte nella libertà e per amore nostro, con il suo passare tra di noi facendo il bene nella
    potenza dello Spirito santo (cf. At 10,38), Gesù Cristo ci ha narrato che «Dio è amore» (1Gv 4,8.16); ci ha
    manifestato nella concretezza di un’esistenza umana l’atto gratuito con cui Dio ha scelto di inviare nel
    mondo lui, il suo unico Figlio, consegnandosi senza riserve a noi uomini. Per questo l’autore può
    continuare: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia
    salvato per mezzo di lui».
    (Enzo Bianchi)

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  2. Gesù innalzato: fin dove? Nell'ascensione viene innalzato alla destra del Padre. Attraverso quale via? La via della croce. Quando Gesù è innalzato in croce, chiunque lo guarda e gli si affida viene salvato, dal buon ladrone fino a tutti gli uomini della terra.
    (Angelo Busetto)

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  3. Il Signore ordina allora a Mosè di erigere come stendardo un «serpente».
    «Colui che lo vedrà vivrà», dice.
    Figura duplice, questo serpente di bronzo! Da una parte rappresenta quel che conduce Israele alla morte, cioè la bramosia e il sospetto che fa accusare il Signore di volere la morte. Dall'altra, è segno della volontà di vita di Dio che lo fa erigere affinché il popolo venga salvato. Guardare il serpente significa vedere in faccia quel che provoca la morte - il serpente -, ma significa anche riconoscere che il Signore vuole che il suo popolo viva. Questo sguardo è, quindi, contemporaneamente lucidità sulla propria colpa e fiducia nella parola divina. Vedere che bramosia e sfiducia portano alla morte e distogliersi da esse per credere nel Dio che vuole la vita, ecco quello che fa vivere.
    (André Wenin)

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  4. Vivere veramente e ' liberarmi dai tanti pesi che mi sopporto...
    Ma fino ad un certo punto..
    Con LUI credo ancora di farcela?
    Signore fammi fare questo salto nel buio, fammi veramente credrre che sto avendo a che fare con TE!
    E non ridurre questo ascolto scritto ad una condivisione filtrata,monca per paura di chi legge...
    Chi legge con la sola umanità
    Grazie

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  5. Nel deserto il popolo sperimenta il duplice morso: quello dei serpenti brucianti e il rimorso di aver mormorato contro il signore .il morso dei serpenti ha una funzione propedeutica quella di far scattare nel cuore degli israeliti la coscienza del dono possibile di diventare liberi. Il popolo che si lamenta nel deserto è come noi.... che ci lamentiamo mentre attraversiamo il mistero della vita con tutto il suo carico

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  6. "Quando avete innalzato il figlio dell uomo.... il mistero di cristo innalzato sulla croce ci permerte di dare un orientamento diverso al nostro modo di pensare... scoprendo che nel suo miatero di abbassamento e innalzamento gesu rivela il suo esserci senza risparmirci nessuna fatica.proprio la Croce apre davanti a noi la strada della libertà che nessuno può percorrere al nostro posto. Signore mantienimi lucida in questa dimensione

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  7. Ancora una volta in questo passo della Bibbia c'è la liberazione di un popolo sfiduciato e la difesa da parte del Signore. Chi guardava il serpente innalzato da Mosè non moriva avvelenato. L' elevazione di Gesù in croce è la nostra salvezza, che gioia guardare a Lui innalzato dal Padre che mi libera dal male e mi dona la vita eterna.
    Immensamente ti ringrazio Gesù, perché sei sceso nella mia fragile umanità per innalzarmi.

    «Non siete voi che avete scelto me, ma son io che ho scelto voi, » (Giovanni 15:16)

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