Vangelo del 22 aprile 2019


Gli abbracciarono i piedi.
Mt 28, 8-15

"In quel tempo, abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».
Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: "I suoi discepoli sono venuti di notte e l'hanno rubato, mentre noi dormivamo". E se mai la cosa venisse all'orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino a oggi".

In questa pagina le donne discepole sono le protagoniste assolute che colgono le primizie della manifestazione del Risorto.
Nel periodo storico di Gesù, e non solo in quel tempo, le donne erano considerate una proprietà dell'uomo e non attendibili come testimoni in un giudizio.
Eppure il Vangelo ce le mostra come testimoni preziosi della morte di Gesù (cfr. Mt 27, 54-56) e sono sempre loro che avevano guardato quando il Maestro era stato deposto nel sepolcro (cfr. Mt 27, 61).
Il Vangelo sottolinea che il loro è uno sguardo attento: quando torneranno e lo troveranno vuoto, sono certe di non aver sbagliato luogo.
Terribile guardare la sepoltura di chi si ama, ma peggio sarebbe non esserci. Si sopporta tutto per i propri cari!
Caricarsi della croce degli amati si fa, perché essere presenti nel bene e nel male è l'unica cosa che si desidera.

Gesù venne loro incontro e disse: "Salute a voi!"
Anche qui, come nell'annunciazione a Maria il saluto non è banale ma va tradotto con: gioite e rallegratevi!
È così ogni volta che il vangelo, la buona notizia per l'uomo, si annuncia e si fa incontro.

È un saluto di una qualità inconfondibile.
Gioia e allegria profonda sono la risonanza che il Vangelo lascia nel passaggio dalle nostre orecchie fin dentro il nostro cuore.
Come definire allora un annuncio che lascia tristi e incapaci di allegria?
Non qualunque parola che ci viene rivolta in nome di Dio è vangelo! Un volto e un cuore evangelizzato si vedono subito. E questo è un criterio di discernimento importante nella lettura e interpretazione della Parola di Dio.

"Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono".
Le donne stringono i piedi del Risorto.
Ci leggiamo tutto il sollievo per averlo ritrovato, la paura svanita di non vederlo più percorrere le loro strade, la riconoscenza perché va loro incontro!
L'innamorata del Cantico dei Cantici possiamo dirla in una parola: Attesa!
Ella è sempre alla ricerca del suo amato, che gli sfugge, non è mai per sempre suo.
C'è un'incompiutezza nel loro rapporto, un desiderio che mai si doma perché non vi è ancora pienezza e completezza di unione.
Ella chiede a tutti, lo cerca giorno e notte e quando finalmente trova l'amore della sua anima, dice sicura: "Lo strinsi forte e non lo lascerò" (Ct 3, 4).
Sembra di vedere il sollievo e la gioia ritrovata delle donne che erano rimaste angosciate per un giorno e mezzo, interminabile come un'eternità.
Abbracciano i suoi piedi: un gesto che richiama la tenerezza della donna che aveva lavato con le lacrime e unto con unguento prezioso i piedi di Gesù prima della sepoltura.
Un gesto che potrebbe essere di umiliazione e sottomissione ma, di fronte all'amato, diventa adorante: il suo corpo non si serve, ma è nutrimento; la sua vicinanza non è un peso, ma un sollievo.
Le donne lo adorano, come si ama profondamente uno sposo.

"Non temete": è la parola che sempre Gesù pronuncia davanti ai discepoli quando si fa incontro. E dopo la resurrezione è il biglietto da visita appena si presenta.
Sento questa paura come connaturale al nostro essere uomini e quindi limitati. Il nostro più grande desiderio è l'incontro dell'altro, del prossimo e in questo prossimo l'Altro per eccellenza è il Signore. Eppure l'altro è sempre visto come diverso, si teme di essere rifiutati, di essere giudicati indegni della vicinanza...
Più è grande il desiderio di vicinanza e gioia e più, paradossalmente, nasce la paura e il timore della solitudine!
L'incontro con il Risorto squarcia le tenebre della paura e apre alla consolazione di chi è accolto e amato per sempre.
Il nostro timore, la nostra paura di Dio, è il primo ostacolo che Gesù sapeva di dover superare per incontrare gli uomini nel profondo.

"Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno".
L'appuntamento è in Galilea. Non Gerusalemme o un posto notoriamente santo, ma la "Galilea delle genti", come è chiamata in modo dispregiativo in Isaia 8, 23.
Terra di frontiera quindi, zona di transito dove si incrociano persone diverse per razza, cultura e religione e, inoltre, luogo della vita di sempre, casa degli Apostoli, patria familiare e quotidiana. Lì incontreranno il Risorto e potranno sperimentarne la presenza.
Era stato il luogo di partenza dove il Signore li aveva guardati nel profondo la prima volta e, adesso, è il luogo del cammino col risorto che nei passi di tutti i giorni si fa incontrare e guida.
Le donne che lo hanno già incontrato, diventano testimoni e annunciatrici del risorto ai discepoli.
E questo cammino non può essere fermato e non verrà ostacolato da nessuna falsità, da nessuna testimonianza comprata per difendere interessi contrari alla verità.

Brano importante per noi perché l'attesa delle donne è anche la nostra: che si levi il velo (Aletheia - ἀλήθεια) e si riveli ciò che è ancora nascosto, si mostri la verità di ciò che siamo noi per il Signore e si realizzino i desideri di bene e l'unione per sempre.
Per adesso siamo Attesa: ma che differenza attendere non sapendo se un giorno il nostro desiderio verrà colmato, e invece attendere illuminati dal Vangelo, certi che la promessa avrà un compimento!
Questa è la grande consolazione della Buona notizia,.
Questo è il cambiamento dalla tristezza alla gioia che opera la Parola e l'annuncio della resurrezione!

Commenti

  1. Ci sono varie donne, che a diverso titolo gravitarono attorno alla figura di Gesù con funzioni di responsabilità. Ne sono esempio eloquente le donne che seguivano Gesù per assisterlo con le loro sostanze e di cui Luca ci tramanda alcuni nomi: Maria di Magdala, Giovanna, Susanna e «molte altre» (cfr Lc 8,2-3). Poi i Vangeli ci informano che le donne, a differenza dei Dodici, non abbandonarono Gesù nell’ora della Passione (cfr Mt 27,56.61; Mc 15,40). Tra di esse spicca in particolare la Maddalena, che non solo presenziò alla Passione, ma fu anche la prima testimone e annunciatrice del Risorto (cfr Gv 20,1.11-18). Proprio a Maria di Magdala San Tommaso d'Aquino riserva la singolare qualifica di «apostola degli apostoli» (apostolorum apostola), dedicandole questo bel commento: «Come una donna aveva annunciato al primo uomo parole di morte, così una donna per prima annunziò agli apostoli parole di vita» (Super Ioannem, ed. Cai, § 2519).
    (Benedetto XVI)

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  2. La gioia è la porta della fede, la letizia del volto diventa talvolta un annuncio silenzioso. Ad una suora che aveva chiesto di andare a visitare i poveri, in un momento in cui il suo volto appariva triste, Madre Teresa dice: “Non andarci. Torna a coricarti. Con un volto così non si può andare a trovare i poveri” (Tu mi porti l’amore, Roma 1997, 73). La gioia si trasmette con il sorriso: “Non sapremo mai tutto il bene che un semplice sorriso può fare”, diceva Madre Teresa. Le difficoltà e gli ostacoli, la fatica e la sofferenza non possono togliere la gioia perché sappiamo che tutto concorre a costruire il Regno. La gioia annuncia e custodisce la speranza. Oggi chiediamo la grazia di accogliere in modo nuovo la gioia della Pasqua e di testimoniarla attraverso una vita in cui tutto diventa Vangelo, cioè una bella e gioiosa notizia.
    (Silvio Longobardi)

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  3. Ciò che ci fa credere è la croce. Ma ciò in cui crediamo è la vittoria della croce (Pascal): la vittoria sulla morte e sulla violenza. Cristo risorto, eternamente risorgente in me e in ogni cosa, apre l'immensa migrazione degli uomini verso la vita. L'esistenza non scivola ineluttabilmente come su di un piano inclinato verso la morte, ma all'incontrario si dirige instancabilmente da morte a vita.
    (Ermes Ronchi)

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  4. Quando è ancora buio
    c'è attesa di luce.
    Davanti a un sepolcro
    c'è attesa di vita
    Davanti all'amato
    c'è attesa di pienezza.

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  5. Attesa di qualcosa di bello!
    Ecco basta croci!
    Ho Desiderio e bisogno di sperare in una quotidianità di impegno verso questo mio rapportarmi a TE
    Si così oggi
    senza violenza subita ingiustamente!
    Ma tutto è funzionale alla mia crescita...Si spera sempre di non soggiacere ai pesi imposti,
    Ma... è la vita...
    Solo,
    ho TE trionfante che mi fai da guida

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