Vangelo dell'1 maggio 2019



Chi fa la verità viene verso la luce.

Gv 3,16-21

"In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio".


La Parola annunciata da Gesù è scandalosa, sconcertante, ma anche affascinante. Tutti accorrono perché "erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi" (Mc 1,21).
È il momento di Nicodemo, capo dei Giudei, componente del sinedrio, dottore di Israele. Timoroso ma desideroso di incontrare Gesù, va da lui di notte per ascoltarne la sapienza.

"Dio ha tanto amato".
È l'affermazione più esplicita del senso della presenza di Gesù nel mondo e di tutta la sua vita.
Entrare in questa verità è il nuovo inizio, il "nascere dall'alto" (Gv 3,3) di cui parla Gesù a Nicodemo appena lo incontra, l'unica novità che permette una nuova visione di Dio e dell'uomo.
Rimanere prigionieri dello schema giudizio-condanna non fa aprire al mistero dell'amore senza limiti, “sino alla fine" (Gv 13,1).
E' necessario per Nicodemo fare questo passaggio, che intuisce, che ricerca, ma che può fare solo ascoltando il Maestro.

"Non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui".
Giovanni descrive Gesù come il "Paraclito" (1Gv 2,1), cioè colui che nel giudizio si alza in difesa di chi viene giudicato.
Ogni volta che Gesù incontra l'uomo è la luce che irrompe nelle tenebre; il miracolo è sempre duplice: risanamento del male che lo affligge e remissione dei peccati.
L'uomo, malato in tutte le sue dimensioni, sociali, intime, fisiche, morali, non viene condannato ma sanato e restituito alla comunità affinché porti la luce di Cristo.

"Chi crede in lui non è condannato".
L'opera per eccellenza di Abramo, nostro padre, è la fede.

Di lui si dice infatti: "credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia" (Gen 15, 6).
Questa fede nel Signore toglie dalla condanna nella quale l'uomo è già immerso a causa del peccato. È la via della salvezza, la medicina del malato, a cui Gesù è inviato.

"E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie".
Come dice Giovanni nella prima lettera: "Dio è luce" e risplende grazie al Figlio che è venuto a soppiantare le tenebre del peccato e della morte, come il sole che, sorgendo, scaccia le tenebre della notte.
Il prologo del Vangelo di Giovanni ci ricorda il dramma che si palesa quando la "Luce" si rende presente: "la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta" (Gv 1,5).

E' una lotta drammatica che l'uomo da solo non può vincere.
La Pasqua di Gesù rivela come si realizza la vittoria della luce: facendosi inghiottire dalle tenebre, Gesù l'ha distrutta dall'interno.
E Paolo dice: "la morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? (Cor 15, 54-55)

"Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce ", ma la luce viene a lui, perché le tenebre vengano vinte.
Gesù parla a Nicodemo del mistero salvifico della sua morte e della sua Pasqua perché egli non sa che l'agire di Dio è sempre per la salvezza dell'uomo.
Gesù mette a nudo questa aporia: "Tu sei maestro d’Israele e non conosci queste cose?" (Gv 3, 10).
"Il Vangelo non è un sistema di pensiero, o una morale, ma una sconvolgente liberazione" (G. Vannucci).
La salvezza non viene quindi dalla sapienza umana basata sulla Legge antica, ma da un incontro che cambia il volto di Dio mostrandolo quale esso è: Amore.

L'incontro con Nicodemo finisce qui: non se ne dice la conclusione, non si parla del percorso che queste parole hanno fatto nel suo cuore.
Rincontreremo Nicodemo nell'ora più drammatica, quando le tenebre sembrano aver vinto.
Giuseppe d'Arimatea chiede che gli venga dato il corpo di Gesù per la sepoltura e "vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. (Gv 19,39).
Egli è là, nella sepoltura, proprio nell'ora massima dell'abbassamento, ma in cui si rivela sfolgorante che "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna".
Nicodemo è divenuto discepolo ed entra nella vita non più nascondendosi nelle tenebre per paura dei Giudei, ma andando ad abbracciare il Figlio dell'uomo, l'albero della Vita, che è stato innalzato (cfr. Gv 3, 14-15) affinché chiunque alzi lo sguardo su di lui nasca dall'alto.

Commenti

  1. A Dio non interessa
    pareggiare i conti, non gli basta dare a ciascuno il suo, lui vuole dare a
    ciascuno se stesso. L’uomo ragiona per
    equivalenza, e Dio, il nostro Dio, il nostro Gesù ragiona per eccedenza!
    (C. M. Martini).

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  2. Dio ha talmente amato il mondo da mandare suo figlio a salvare il mondo. Questa affermazione di Gesù raccolta da un tentennante Nicodemo, capo dei farisei, e riconsegnata ai discepoli, diventa la chiave di lettura del progetto divino sull'umanità. Il nostro Dio ama e salva, desidera la nostra felicità più di quanto noi stessi la sappiamo desiderare. Dobbiamo abbandonare la nostra piccina idea di un Dio severo pronto a coglierci in fallo. (Paolo Curtaz)

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  3. Dio esprime il suo amore principalmente con la venuta del suo Figlio. Mai Dio era stato così vicino agli uomini come quando si è fatto uguale a loro. Quale prova potrebbe essere più grande della sua amicizia per essi e della grande considerazione per il loro destino, a volte molto più grande di quella che gli uomini stessi dimostrano per sé e per i propri simili. C'è una forma di falso amore per sé che in realtà è solo autoconservazione ed egoismo, l'esatto contrario del modo di essere del Figlio che ha considerato la propria vita un valore solo se spesa per gli altri e non conservata per sé. E' questo amore, smisurato e gratuito, che getta come una nuova luce sull'esistenza degli uomini e delle donne, ne rivela gli angoli bui, le durezze di cuore, rivela il giudizio angusto che spesso immiserisce la nostra esistenza, rendendoci incapaci di portare i frutti buoni dell'amore e della misericordia. Il Figlio infatti non viene a condannare il mondo, non vuole schiacciarlo, anzi, la sua luce ne rivela la bellezza e le miserie, perché coscienti del nostro bisogno e non più accecati dal buio dell'egoismo cerchiamo in lui la via della vita vera.
    (Vincenzo Paglia)

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  4. Siamo frutto di un dono dove il dare prevale sull'avere. Siamo impastati dalla logica del dono sin da principio, perché nel nome di Dio siamo anzitutto dono a noi stessi. Così come ci ricorda anche il Vangelo che abbiamo ascoltato: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito". Un'espressione, questa, che ci consegna il nucleo incandescente del Vangelo. Un versetto che ti abbaglia mentre lo proclami, riempiendoti di stupore se appena l'ascolti. Del resto, Gesù è andato sempre per questo verso: "nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13); e queste sono parole proprio Sue: "C'è più gioia nel dare che nel ricevere'' (At 20,35).
    (Walter Magni)

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  5. Quanti credono di vivere nella luce e sono nelle tenebre, ma non se ne accorgono. Come è la luce che ci offre Gesù? La luce di Gesù possiamo conoscerla, perché è una luce umile, non è una luce che si impone: è umile. E’ una luce mite, con la fortezza della mitezza. E’ una luce che parla al cuore ed è anche una luce che ti offre la Croce. Se noi nella nostra luce interiore siamo uomini miti, sentiamo la voce di Gesù nel cuore e guardiamo senza paura la Croce: quella è luce di Gesù. (S. Marta 3 settembre 2013

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  6. Luce e' uscire allo scoperto!
    Vivere nella verità di me stesso!
    Non maschera.
    Ciò crea dissidi anche contro me stesso...il freno vuole fare il suo mestiere...
    Ipocrisia e vanità le sto abbandonando pian piano,
    La pochezza no
    Signore perdonami quando col mio fare blocco l' altro verso la verità di me stesso.

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  7. Signore non voglio cercarti di notte come Nicodemo, non voglio avere paura. Tu sei la luce della vita che ha combattuto e ha vinto le tenebre, vieni ad irradiare le mie oscurità solo Tu puoi, poiché sei il dono del Padre mandato per tutti gli uomini, Tu sei il Risorto.


    “La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo” (Giovanni 1:9)

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