Prima lettura del 14 maggio 2019
Il suo incarico lo prenda un altro.
At 1, 15-17.20-26
"La sua dimora diventi deserta
e nessuno vi abiti".
e: "Il suo incarico lo prenda un altro".
Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione».
Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava». Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli".
"In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli".
L'iniziativa è di Pietro, a cui Gesù ha lasciato il compito di confermare i fratelli nella fede (cfr. Lc 22,32) e di pascere le pecore del Signore (cfr. Gv 21,15-17).
Pietro si alza in mezzo all'assemblea dei credenti per affrontare lo spinoso problema dell'assenza di Giuda che ha reso monco il gruppo dei 12.
Egli dà voce al desiderio non espresso, ma sentito da parte di tutti: che il gruppo significativo di 12 sia ristabilito e che la scelta iniziale di Gesù continui.
"Il numero delle persone radunate era circa centoventi".
Numero cospicuo, ma citato in un numero esatto perché 120 è: 12 moltiplicato per 10, cioè un numero di completezza. È come se fosse presente, in piccolo, la totalità dei credenti.
E visto che 10 era il numero legale minimo per la validità della celebrazione di ogni preghiera comunitaria per gli ebrei, Luca sottintende che ogni apostolo aveva intorno a sé un gruppo completo per la celebrazione di un culto gradito a Dio.
"Era necessario che si compisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo".
Provate a contare quante volte Luca dice "necessario" nel suo vangelo e negli Atti: appare chiaro che il senso della storia non è casuale, ma legato al progetto di Dio perché annunciato profeticamente nella Scrittura.
L'evangelista indica così che il cammino di Gesù verso Gerusalemme, la sua morte, il vuoto lasciato da Giuda, rientrano nella storia di salvezza che Dio fa con il suo popolo.
Per questo Pietro ricorre alla forza profetica della Parola di Dio (in questo caso 2 versetti tratti dai Salmi) per illuminare la situazione e decidere il da farsi.
È un esempio di ciò che significa discernimento in tempo di crisi e davanti a scelte difficili ma necessarie.
"..tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi".
Chi è autentico testimone tra i seguaci di Gesù? Pietro propone che tra i tanti discepoli "in panchina" se ne scelga uno che abbia seguito Gesù nel tratto fondamentale della sua esistenza delimitata tra il battesimo ricevuto da Giovanni fino al giorno in cui Gesù è stato assunto in cielo.
Pietro dice "assunto in cielo" e non "salito" perché sia chiaro che è opera del Padre. È il Padre che rialza dal sepolcro e innalza accanto a sé il Figlio.
Il cuore del Vangelo, Il nucleo necessario alla testimonianza e all'annuncio della fede, è la storia di Gesù delimitata da questi due avvenimenti.
"Tirarono a sorte fra loro".
Per noi abituati alle procedure di una regolare elezione, questo metodo ci risulta strano. Vari erano i motivi del tirare a sorte, e il risultato era accettato da tutti.
Poteva essere a motivo di gioco (Mt 27, 35), per superstizione (Gn 1, 7) o per decidere funzioni nel tempio (1Cr 24, 5). In ogni caso la pratica di tirare a sorte, menzionata settanta volte nell'Antico Testamento e sette nel Nuovo, è un modo, concesso da Dio, per far sapere la sua volontà.
Non c'è casualità nel risultato, ma solo ci si apre ad una possibilità non scelta dagli uomini, ma affidata alla volontà superiore.
I discepoli riflettono, pregano, e poi lasciano che sia il Signore stesso a dire l'ultima parola.
Loro stessi erano stati scelti, senza alcuna coscienza di ciò che sarebbe stato il loro futuro. Tirando a sorte riconoscono che la loro vita e la loro missione sono nelle mani del Signore.
"Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto".
Giuseppe (figlio di Šĕbhā), secondo Eusebio di Cesarea ed Epifanio di Salamina era uno dei settantadue discepoli di cui parla l'evangelista Luca, designati da Gesù per precederlo nei luoghi dove stava per recarsi (cfr. Lc 10, 1).
Negli Atti viene nominato un Giuda Barsabba, quindi fratello del nostro Giuseppe (cfr. At 15, 22). Non è lui il prescelto, ma questo ci dice che non erano solo i dodici apostoli a stare con Gesù dall'inizio, ma c'erano altri discepoli che lo avevano seguito con costanza.
"E Mattia", questo sconosciuto! Di lui non si dice che è chiamato Giusto, come Giuseppe, non si dice di chi sia figlio...
Incredibile che del dodicesimo apostolo non ci siano altre note o racconti che lo identifichino.
L'abbreviazione del nome viene dall'ebraico Mattatia, che significa “dono di Jahvè”. Solo questa caratteristica della sua vita dice qualcosa di lui: dono alla comunità che aveva bisogno di risollevarsi dopo il tradimento di uno dei discepoli, in quanto ne era stata intaccata la fiducia, la compattezza e l'essere uniti nella missione.
Come ogni discepolo, egli è testimone oculare, amico di cammino di Gesù di Nazareth, dal Battesimo nel Giordano fino a dopo la Resurrezione.
Tutti i giorni della vita pubblica di Gesù sono da annunciare e testimoniare perché significativi per la fede.
I dodici apostoli sono la primizia dei discepoli, il lievito che diffonde la buona notizia dopo il Maestro "fino ai confini della terra" (At 1, 8).
Non semplici testimoni oculari, quindi, non semplici ripetitori di parole, ma essi stessi capaci di fare le opere addirittura più grandi di quelle del Maestro (cfr. Gv 14, 12).
A Luca che racconta l'episodio interessa che un discepolo qualunque, non più santo o più amato di altri, sia designato dal Signore nella sorte. Quasi a voler dire che ognuno di noi può rivestire questo compito e sentirsi testimone e annunciatore tra i fratelli.
Pietro sta in mezzo ai fratelli e li chiama “fratelli”. Questo ci
RispondiEliminadice che non è che i cristiani stiano insieme perché c’è un leader che
sta sopra di loro ed è diverso dagli altri; in genere stiamo insieme
per la differenza del capo: lui è il capo e noi siamo “scapati”. Non
dobbiamo né ragionare né fare altro, dobbiamo solo credere,
obbedire e combattere. Noi siamo il corpo, lui è il capo.
No, invece sono fratelli, tutti uguali. Anzi, chi vuol essere il
primo sia l’ultimo e servo di tutti.
E Gesù, in Matteo, quando i discepoli discutevano su chi
dovesse essere il più grande, sia in Marco, sia in Luca, ha messo al
centro un bambino, il più piccolo. Al centro di tutto c’è il più
debole.
(Silvano Fausti)
Ci inquieta sempre Giuda e diciamo: ma si è salvato, o è
RispondiEliminaandato all’inferno? Che è il nostro problema. Tranquilli, siamo tutti
all’inferno e siamo tutti salvati, nel senso che la salvezza è
dall’inferno, se no da cos’è? Non è un ornamento per anime pie la
salvezza, è la salvezza dalla perdizione. Solo che non ne abbiamo
coscienza. E se voi leggete la figura di Giuda nei Vangeli, è sempre
chiamato “uno di noi”, “uno dei dodici”. Non si può cancellare.
(Silvano Fausti)
Chi è s. Mattia?
RispondiEliminaIl posto lasciato da Giuda Iscariota nel gruppo degli Apostoli toccò a Mattia, eletto nei giorni immediatamente successivi all’Ascensione del Signore, per sorteggio tra lui e Giuseppe detto Barabba, come ci raccontano gli Atti (1, 15-26). Secondo lo storico della Chiesa Eusebio di Cesarea, Mattia, di origine giudaica, era uno dei settantadue discepoli che Gesù mandò a due a due davanti a sé per predicare in ogni città e luogo dove stava per recarsi, e che tornarono entusiasti dicendo: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome». Dopo la narrazione della sua cooptazione nel collegio apostolico, di lui però non si sa più nulla: abbiamo soltanto dei dettagli sul suo martirio offertici dalla letteratura apocrifa, in particolare dagli Atti di Andrea e Mattia nel paese degli antropofagi, secondo cui il santo sarebbe stato fatto prigioniero da un popolo di cannibali, poi accecato, guarito miracolosamente e liberato da Andrea, e infine decapitato. Altri autori lo vogliono martire in Etiopia, oppure in Palestina dove sarebbe stato lapidato come nemico della legge mosaica. Chiamato ad essere con gli altri apostoli «testimone della risurrezione» di Cristo, si deve supporre che abbia visto Gesù risorto e che in seguito lo abbia predicato, in Palestina o fuori, fino alla morte.
(www.famigliacristiana.it)
La chiamata di Dio ci raggiunge sempre in modo sorprendente e pur dentro una continuità si manifesta in modo diverso nelle differenti stagioni della vita. Accade anche a Mattia ... ora nel brano che stamane la Parola ci propone la sua vocazione assume un aspetto più radicale: " è chiamato a diventare testimone... della resurrezione del Signore". La chiamata cambia non solamente perché ci affidi incarichi diversi: cambia perché ci raggiunge in modo diverso.Mattia sicuramente avrà incontrato Gesù è sarà rimasto affascinato dalla sua persona... ora la chiamata lo raggiunge tramite la comunità ....am mi restare sempre aperta e disponibile ad ogni tua chiamata
RispondiEliminaPadre, tu hai posto l'onore della tua volontà nelle mie mani. Ogni parola della tua rivelazione dice che tu mi apprezzi e ti fidi di me, mi dai merito e responsabilità. Insegnami a capirlo.
RispondiEliminaTieni desto il mio cuore, affinché stia perennemente davanti a te, e fa' giungere il mio agire a maturità e a quella obbedienza a cui mi hai chiamato. (Romano Guardini)