Prima lettura di Domenica 26 maggio 2019


La gloria di Dio la illumina.
Ap 21, 10-23

"L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 
Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
Colui che mi parlava aveva come misura una canna d’oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L’angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l’altezza sono uguali. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall’angelo. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l’ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l’undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.
In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello".

Ma stiamo ammirando una città o la vetrina di un gioielliere? È una visione di luce e di colori che non ha eguali. Gerusalemme è ingioiellata e luminosa come una principessa e una sposa.
Nel libro di Tobia, un inno così "sogna" la ricostruzione di Gerusalemme dopo l'esilio babilonese:
"Gerusalemme sarà ricostruita come città della sua dimora per sempre.
Beato sarò io, se rimarrà un resto della mia discendenza per vedere la tua gloria e dare lode al re del cielo. Le porte di Gerusalemme saranno ricostruite con zaffiro e con smeraldo e tutte le sue mura con pietre preziose. Le torri di Gerusalemme saranno ricostruite con oro e i loro baluardi con oro purissimo. Le strade di Gerusalemme saranno lastricate con turchese e pietra di Ofir" (Tb 13, 16-17).

Antenato di tanta meraviglia è il pettorale che indossava il sommo sacerdote, pieno di gemme preziose, ognuna delle quali simbolo di una tribù di Israele (cfr. Es 28, 15-21). Il riferimento a questa città risplendente è molteplice, sia nuziale che sacerdotale.

"Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti" (Is 2 ,2). Siamo al compimento della profezia, siamo sul monte che per Isaia è il punto più alto della storia dove, nella sua visione, si trova il tempio di Gerusalemme.

Ora Giovanni è sul monte e guardando ancora più sù, vede scendere la nuova Gerusalemme.
L'opera di Dio è più alta della più lungimirante delle profezie. La sua opera è sempre "più" di ogni profetica visione.

I numeri sono nella Bibbia simboli rivelativi.

Il numero dodici si ripete due volte: prima per le porte e poi per i basamenti.
Le porte di una città erano un luogo cardine perché permettevano l'accesso ai mercanti e agli alleati e impedivano l'ingresso ai nemici, chiudendole e difendendole.
Gerusalemme è la città dalle porte antiche che si aprono all'arrivo del Re e del Signore, in processione, da vincitore (cfr. Sal 23).
Entrare dalle sue porte era entrare nella dimora di Dio in terra, entrare nella città santa. Anche oggi l'imponenza delle sue porte fa stare col naso all'insù per lo stupore.
Non a caso Gesù prende per se l'immagine e afferma: "Io sono la porta" (Gv 10, 9).
Qui le porte sono le dodici tribù, discendenti dei figli di Giacobbe, vanto e organizzazione sociale efficiente d'Israele.
Le misure della città dodicimila (12 x 1000) e centoquarantaquattro (12 al quadrato) dicono la perfezione della città, ma anche la sua pienezza, niente delle 12 tribù di Israele è andato perduto.
E ci sono tre porte per ognuno dei quattro punti cardinali: l'universalità delle possibilità di accesso, da ogni punto della terra si può essere accolti nella città di Dio.

"Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello."
I nomi dei dodici apostoli su ognuno dei basamenti rivela che questa nuova meraviglia è fondata sulla parola dei dodici, su quello che loro hanno tramandato e insegnato. La loro testimonianza è il fondamento di tutto l'edificio spirituale prezioso e luminoso.
Questi basamenti solidi ricordano le parole di Gesù che parla della costruzione sulla roccia che le tempeste della vita non possono abbattere (cfr. Mt 7, 24-25).

"In essa non vidi alcun tempio". Questa affermazione è da capogiro.
Il tempio di Gerusalemme era ciò che di più caro, di più sacro e di più bello avessero gli ebrei. Luogo di culto, ma prima ancora, emblema della presenza di Dio in terra. Era un edificio così bello da essere considerato una delle 7 meraviglie del mondo antico.
Non ci meraviglia che l'affermazione allegorica di Gesù di fronte a chi ammirava il tempio: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (Gv 2, 19) sia stata presa come blasfemia e causa della sua condanna a morte!

Come può essere allora senza tempio la città di Dio?
In effetti la città ha un tempio diverso, nuovo:
"Il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio".
Non più un segno della presenza di Dio, ma Dio stesso presente e il suo Agnello sono il tempio definitivo, che nessuno potrà mai più distruggere.

Gesù si sentiva il vero tempio di Dio che neanche la morte avrebbe potuto distruggere. Ora Giovanni lo contempla in tutta la bellezza della luce pasquale che emana dall'Agnello immolato.
Non c'è più necessità di un culto da rivolgere a Dio perché Giovanni vede il giorno in cui il Signore è tutto in tutti! (cfr. 1Cor 15,28).

"La città non ha bisogno della luce".
L'ultimo segno, quello della luce, è anche il segno primigenio, la luce delle origini, frutto di Dio che inizia a creare parlando: "Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu" (Gen 1, 3).
Dio e il suo Agnello bastano a fare luce. Non c'è né bisogno di alcun altra.

Ed è quello che tutta la creazione e tutta l'umanità attende. Di luce si vive, con la luce si cresce.
La Gerusalemme nuova avrà la Luce diretta della grazia ad alimentarla.

Cosa dice questa grandiosa visione alla nostra vita?
È l'idea biblica di grazia, di quello che solo Dio, e non la mano dell'uomo, può realizzare.
È lo splendore che i nostri occhi ancora non vedono, ma che, seguendo l'Agnello della Pasqua ultima, si potrà vivere.
È la meta della nostra fede e del nostro cammino.
Il Padre e l'Agnello bastano, sono tutto, sono la sazietà e la pienezza, e tutto questo ci è dato gratis, per puro amore, e fedeltà alla loro promessa.
Abramo si è messo in cammino credendo al dono di Dio; Gesù è morto in croce per mostrarci la gratuità immeritata dello stesso dono.
E tutto questo è per noi, per la nostra povera fede di oggi, per il nostro essere eredi di domani, di ciò che fin da oggi ci è affidato nel mistero.
Solo Amen, solo Alleluia, sono la vera risposta che ci sale dal cuore.

Commenti

  1. Il nuovo ordine di cose nel quale siamo, il regno di Cristo che già si instaura, è splendore attraente della gloria del Padre e dell'agnello. È una realtà luminosa in cui vivere è bello perché dà sicurezza, respiro, chiarezza, gioia, e "non vidi alcun tempio in essa" (v. 22), perché il Signore Dio onnipotente e l'agnello so- no il suo tempio. La trasparenza di Dio è tale che Dio è percepibile in ogni luogo, lo si incontra ovunque. La conversione cristiana è propria di chi entra in questo nuovo modo di vedere le cose, di chi accoglie la rivelazione della gloria di Dio e si lascia illuminare dalla sua luce.

    Il muro è descritto, al v. 12, come grande e alto. Al v. 14 si dice che "le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello". Mura assai singolari, che danno alla città un'impensabile altezza, misurata con una canna d'oro; la città ha una forma strana, tutta simbolica, la forma di un quadrato dove la lunghezza è uguale all'altezza e alla larghezza. Si tratta di un cubo di oltre cinquecento chilometri di lato, e le mura hanno uno spessore di oltre sei chilometri. Dunque, un'ampiezza smisurata, un'estensione e un'altezza inimmaginabili per una città. E se ne dice poi la ricchezza incalcolabile: le mura sono costruite con diaspro, le fondamenta delle mura adornate di pietre preziose.

    Contempliamo così una città capace di accoglienza senza limiti, una città che dà un agio e una sicurezza che non hanno paragone. In essa si è pienamente sicuri e ci si sente molto ricchi nella sfera divina, nell'essere in Cristo, in questa luce di Dio
    (Carlo Maria Martini)

    RispondiElimina
  2. La nostra vita è un'eterna incompiuta che rimanda a un futuro e a una completezza che non potremo mai raggiungere nella storia e da soli. La speranza postula che teniamo sempre viva la coscienza, sia di un futuro che ci rimanda all'eternità, sia di un riferimento continuo ad un Altro che trascende il nostro limite. Questo Altro è Dio. Quindi la speranza non rimanda ad un punto lontano del tempo, rimanda a Qualcuno: «Attendere non ha mai significato una situazione di riposo o di inazione, o il rimandare a più tardi le proprie attività; significa piuttosto che il risultato di tutti gli sforzi verso la redenzione rimane sempre provvisorio ed effimero senza l'intervento di Dio» .
    Allora, come i profeti, prendiamo una relativa distanza dall'esistente, e, con Paolo, «ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio» (Rm 5,2), puntando all'adempimento della volontà di Dio, nella convinzione che il suo Regno, già in mezzo a noi, attende la venuta definitiva. La speranza impegna il credente in un itinerario di scoperta, in un cammino verso la vita nuova: esige una conversione continua e una pratica di vita coerente.
    Grazie a questo futuro e alla nostra relazione con Dio saremo vaccinati contro la presunzione del fai da te che è il letale virus che uccide la speranza. Saremo altresì vaccinati dall'altro virus che è lo scoraggiamento nel non vedere realizzato subito o pienamente il nostro progetto. La speranza è caparra che rimanda a un saldo.
    (Mauro Orsatti)

    RispondiElimina
  3. Sperando sono stato gratificato
    Il desiderio di una cosa impossibile ottenerla da giovane, oggi ne ho il polso, non il possesso morboso!
    Tutto però ha comportato un sacrificio, non vano,
    Ora, questo per cose che passano.... mi dice la Parola
    Tanto più sono, continuerò ad essere gratificato, frequentandoti e la Promessa è più dell'aspettativa
    Grazie Signore

    RispondiElimina
  4. "La visione della citra santa che non ha piu bisogno di innalzarsi dalla terra ma può tranquillamente scendere dal cielo, da Dio si offre a noi come immagine del frutto purificato e libero dell amore che di gusta solo quando una relazione è diventata adulta responsabile e vera: il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. Solo quando l amore accetta di tornare indietro ogni relazione approfondisce il suo valore e il suo destino e si scopre che non c è più bisogno di cercare rassicurazioni tangibili perché ormai una certa luce interiore è sufficiente a dirci che i nostri passi sono giunti alla dimore del nostro cuore. La città non ha piu bisogno della luce del sole ne della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l Agnello" ( Roberto pasolini)

    RispondiElimina
  5. Mio Dio che gioia che meraviglia ... quanto sei grande:" in essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio oNnipotente e l Agnello sono il suo tempio" non ho piu bisogno di luogo di un posto petche ora tu in Cristo sei ovunque e ovunque ti posso incontrare, luogo sicuro privilegiato per te è il punto più profondo del del mio cuore. scopro che sei sempre con me... io posso anche dimenticarmelo ma tu ci sei sempre e attendi... grazie mio Dio....

    RispondiElimina
  6. È vero solo amen e alleluia è la risposta vera che ci viene dal cuore. Difronte a tanta bellezza, a tanta pienezza di vita che Padre e Figlio ci donano non puoi fare altro che benedire e lodare e cantare per la gioia immensa che ti riempie il cuore. Signore riempimi della tua luce che è vera e che illumina il cammino insieme a Te, dammi la tua grazia eterna, perché io non possa più naufragare. Tu sei il risorto, Tu sei l' Agnello.

    RispondiElimina
  7. L' immagine di questo ❤ di fuoco che precede la "Parola" è meravigliosa !!!
    IL fuoco è Luce, è Calore, è Speranza, è Forza, è Passione, il fuoco è rosso sangue....il rosso sangue della mia Vita....
    È lo Spirito Santo che "brucia" dentro di me riversando Grazia e "grazie" in abbondanza.....
    Un' abbondanza che mi travolge e che mi fa dire :
    Mio Dio....
    Mio TUTTO !!!

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Perché un blog con questo titolo?!

Vangelo del 12 gennaio 2019

Vangelo dei domenica 13 gennaio 2019

Salmo 23 per il mio papà

Prima lettura del 21 agosto 2019