Prima lettura del 3 maggio 2019

E' risorto il terzo giorno.
1Cor 15, 1-8b

"Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l'ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me".


Paolo scrive questa lettera intorno al 53 - 55 d. C. da Efeso (cfr. 1Cor 16,8), indirizzandola ai cristiani della città greca di Corinto, dove aveva passato circa un anno e mezzo impegnato nell'evangelizzazione.

Da lontano esortava e incoraggiava i credenti alla perseveranza nel cammino della fede.
Corinto era, al tempo di Paolo, un fiorente porto frequentato dai mercati provenienti dall'Italia, dall'Asia e da tutta la Grecia.
Città cosmopolita, aveva una realtà sociale che andava da cittadini molto ricchi, a masse di gente molto povera e destinata ai lavori più umili.
La prima comunità cristiana era composta perlopiù da gente di basso ceto sociale (cfr. 1Cor 1,26-28), che doveva confrontarsi con la mentalità dilagante volta all'arricchimento, alla prostituzione sacra e alle infide correnti spirituali diverse; queste portavano ad un sincretismo pratico che rendeva poco rilevante qualsiasi dottrina.
Ciò spinge Paolo a richiamare continuamente ai Corinzi il nocciolo del Vangelo, chiedendo un discernimento che non li faccia allontanare dall'annuncio iniziale che lui aveva profuso fondando la comunità.

Nel nostro brano l'apostolo parte proprio dall'annuncio della resurrezione di Gesù, a cui la mentalità greca resisteva in quanto ritenuta una dottrina assurda, vedendo la croce di Cristo come una stoltezza e protendendo invece verso la ricerca della sapienza umana più condivisibile e razionale.
Paolo era rimasto scottato dalla dura esperienza vissuta ad Atene, dove era stato deriso per l'annuncio di Gesù morto e risorto.
E i Corinzi convertiti al cristianesimo rischiavano di rendere vana la fede nel Risorto tentando di adeguare la novità della risurrezione alle vecchie filosofie.
"Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede" (1Cor, 15, 14) afferma Paolo, centrando tutto il suo messaggio sul Kerigma, perché se si intacca questa verità fondamentale, cade tutta la predicazione di Gesù e la testimonianza degli apostoli.

"A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto".
Paolo ricorda la Tradizione (dal latino "tradere", cioè tramandare) che lui stesso ha ricevuto dai 12 apostoli e che continua a trasmettere. Questo è il primo e più vero significato di Tradizione nella Chiesa.
Le "tradizioni", invece, molto spesso sono semplici usanze umane destinate, per fortuna, a cambiare e a scomparire nel tempo senza intaccare la verità profonda di quello che i testimoni della resurrezione ci hanno trasmesso.

"Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture".
È un piccolo Credo, ridotto all'essenziale, che Paolo avrà ripetuto come formula di partenza per le sue catechesi e di arrivo nella professione di fede. E' anche il più antico credo messo per iscritto, secondo tutti gli esegeti e quindi preziosissimo per la nostra fede.
L'insistenza dei Vangeli e di Paolo sul compimento delle promesse "secondo le Scritture" sottolinea che la resurrezione non è una "trovata" degli annunciatori, ma tutta l'esistenza del Figlio e il progetto salvifico del Padre erano già stati annunciati nell'Antico Testamento.

La prima certezza è che la morte di Gesù ha un fine voluto dal Padre: "per i nostri peccati". E' una morte salvifica, non casuale o perpetrata dal volere dei suoi nemici. Il Padre ha stabilito che il Figlio passasse dalla morte perché tutti coloro che muoiono siano portati alla vita.
La seconda verità è "che fu sepolto" certezza della morte e della discesa agli inferi, il regno dove tutti i morti dormono; questa è la condivisione del Figlio con la realtà di tenebra che accomuna tutti gli uomini.
Terzo e fondamentale articolo di fede è "che è risorto il terzo giorno".
Cristo è il primogenito dei risorti da morte e questo rende la nostra fede una novità assoluta rispetto ad ogni altra dottrina o credenza.

"... che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta".
Il ricordo dei testimoni diretti e ancora viventi certifica che la resurrezione non è un semplice mito o frutto di "creduloneria".
Le apparizioni che Paolo elenca sono il segno della continua presenza del Cristo nella comunità dei discepoli.
Pietro (Cefa) e i dodici apostoli sono stati i primi testimoni. Ma anche la folla degli oltre cinquecento cristiani che hanno avuto l’esperienza viva dell’incontro col Risorto, conforta i Corinzi nella fondatezza di un evento così incredibile.

Paolo stesso si aggiunge come ultimo tra i testimoni di questa esperienza.

L'incontro con il Risorto sulla via di Damasco (cfr. At 9, 1-9), rimarrà per sempre il centro della sua fede e della sua vita.
Riconoscendosi l'ultimo degli apostoli, e non in senso temporale, divenne il testimone più fervente della risurrezione perché anche lui si riteneva rinato a vita nuova.
Da persecutore dei cristiani, fervente esecutore della Legge antica, fanatico discepolo, scandalizzato dalla dottrina dei cristiani che annunciavano la resurrezione del crocifisso, si trasformò nell'apostolo delle genti pagane, escluse dalla salvezza secondo la mentalità giudaica.

Il versetto 8 è troncato nella liturgia di oggi, ma la finale dice invece molto di come la resurrezione lo abbia toccato profondamente :
"Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto".
Il termine "aborto" dice il fallimento di un parto mancato, la nascita che è già morte.
Paolo riconosce che la resurrezione lo ha investito e scaraventato nella consapevolezza di non vivere nella verità.
L'incontro col Risorto gli ha rivelato come lui fosse il persecutore di un Vivente e questa realtà, che ha toccato con mano, gli ha fatto constatare di essere cieco e impossibilitato a camminare nella verità finché non si è arreso che Dio può tutto, anche trarre dalla morte e portare ad una nuova vita ciò che era irrimediabilmente perduto..

Commenti

  1. "Fratello, se vieni a visitare la mia tomba, non devi piangere. Non è giusto addolorarsi per l'unione con Dio. Dopo la mia morte non cercare la mia tomba sulla terra:  la mia tomba è nel cuore di coloro che amano". Più di una volta ho sostato anch'io a Konya, in Turchia, sotto la grandiosa cupola verde ove è collocato il cenotafio di Gialal ed-Din Rumi, il grande poeta mistico musulmano del XIII secolo. Accanto si leggono appunto le parole che ho citato e che egli aveva dettato per la sua epigrafe. Esse ci svelano una delle tante coincidenze spirituali tra le grandi religioni nella loro anima autentica. Un'antica preghiera musulmana invoca:  "Dio mio, concedimi di morire nel desiderio di incontrarti. Concedimi di prepararmi al giorno dell'Incontro".
    (Gianfranco Ravasi)

    RispondiElimina
  2. L’ Alleluia pasquale di questa notte santa ha squarciato le tenebre del male e della morte con l’annuncio che Cristo Signore è risorto. Questa fede ci permette di interpretare la storia degli uomini senza disperare davanti alle contraddizioni, alle divisioni e alle violenze che continuano a ferirla. I segni della risurrezione di Gesù sono visibili in mezzo a noi là dove le persone si abbandonano con fiducia in Dio e diventano strumento di riconciliazione tra i fratelli.
    (Conferenza episcopale italiana, 2017)

    RispondiElimina
  3. Gesù annuncia che Abramo, Isacco e Giacobbe sono viventi in Dio (cf. Lc 20,38), e al ladro crocifisso con lui promette: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Sì, nella morte avviene un passaggio da questo mondo alla vita in Dio, vita in cui accadrà una trasfigurazione come quella già avvenuta nel corpo stesso di Gesù, quando “il suo volto risplendette come il sole” (Mt 17,2), e così alla fine del mondo “i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Mt 13,43).
    Ma il fondamento della fede cristiana, più che nelle parole di Gesù, sta nella storia, nell’evento in cui il Padre ha definitivamente e in modo manifesto “costituito Signore e Cristo quel Gesù che era stato condannato e crocifisso” (cf. At 2,36). Seppellito nella tomba la vigilia di Pasqua, il 7 aprile del 30 d.C., Gesù è stato richiamato alla vita eterna da Dio e la tomba in cui era stato deposto risultò vuota per le donne e i discepoli che andarono a visitarla.
    (Enzo Bianchi)

    RispondiElimina
  4. È significativo che, nelle diverse manifestazioni del Risorto ai discepoli, questi fanno fatica a riconoscere Gesù: un giardiniere (cf. Gv 20,11-18)? Un pescatore (cf. Gv 21,1-14)? Uno spirito (cf. Lc 24,36-43)? Un viandante (cf. Lc 24,13-35)? La presenza di Gesù risorto non era più quella abituale che i discepoli avevano conosciuto… Ma alla fine i discepoli nonostante i loro dubbi giungono a riconoscerlo vivente, sentono il loro cuore che brucia mentre spiega le Scritture (cf. Lc 24,32), lo riconoscono mentre spezza il pane (cf. Lc 24,30-31; 35), lo chiamano quando si sentono da lui chiamati per nome (cf. Gv 20,16). È Gesù, è sempre Gesù il figlio di Maria, quel Gesù il cui corpo i discepoli hanno visto e palpato (cf. 1Gv 1,1), eppure è un Gesù che ormai è in Dio, glorificato quale Signore e Dio (cf. Gv 20,28). Il crocifisso che non solo aveva un corpo umano, ma era un corpo umano, una psiche umana, ora è interamente in Dio trasfigurato e glorificato. “Non era possibile che la morte tenesse Gesù in suo potere” (At 2,24) – come afferma Pietro il giorno di Pentecoste –, perché egli aveva vissuto fino all’estremo l’amore (cf. Gv 13,1), e questo suo amore – “Dio è amore” (1Gv 4,8.16) – ha vinto la morte, si è mostrato più forte della morte, più tenace degli inferi (cf. Ct 8,6).
    (Enzo Bianchi)

    RispondiElimina
  5. Va detto che Gesù Cristo è la vita eterna perché, se è lui il Risorto vivente, se è lui che ha vinto la morte, chi può separarci dal suo amore (cf. Rm 8,35)? Se lui si fa sentire accanto a me, se posso dire che io e lui viviamo insieme (cf. 1Ts 5,10), se lui mi ama, mi consola e mi ispira ogni giorno, potrà abbandonarmi al di là della morte? Impossibile! Cristo è fedele e, se ora è accanto a me, lo sarà anche nella morte, e al di là della morte sarà pronto ad abbracciarmi perché io sia sempre con lui e con i suoi e miei amici. È così che la vita eterna può essere non solo una speranza, ma può anche essere desiderata, pur nella consapevolezza del dover attraversare le acque oscure della morte, acque che – secondo il grande Origene – possono essere espiazione dei peccati.
    (Enzo Bianchi)

    RispondiElimina
  6. Tutto è bello quello che leggo.
    In pratica ' è un po' diverso....
    La speranza,la fede,l' abbandono,il fidarmi
    sono cose a cui mi devo rapportare
    Lo Spirito mi guidi nello sperimentare .
    Essere cieco delle mie verità.
    Abbandonarmi a TE..
    Quando?
    Non so
    Prego!

    RispondiElimina
  7. Molto molto bella questa lettera di San Paolo con tutte le riflessioni che ne seguono, sono come una bella giornata di sole dopo una spaventosa tempesta.
    San Paolo è una figura biblica a me molto cara, perché pensare alla sua conversione da persecutore del Signore a diventare poi un discepolo fedele, mi dà tanta fiducia e speranza. Quello che è impossibile all' uomo è possibile a Dio, tutto è in Lui, tutto è nelle mani del Cristo risorto, Signore della vita.

    RispondiElimina
  8. Dove andare lontano dal tuo spirito?
    Dove fuggire dalla tua presenza?

    Se salgo in cielo, là tu sei;
    se scendo negli inferi, eccoti.
    Salmo 138

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Perché un blog con questo titolo?!

Vangelo del 12 gennaio 2019

Vangelo dei domenica 13 gennaio 2019

Salmo 23 per il mio papà

Prima lettura del 21 agosto 2019