Vangelo del 4 maggio 2019



Subito la barca toccò la riva.
Gv 6,16-21

"Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao.
Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.
Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».
Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti".


Le parole del Salmo 107 ci introducono alla lettura pregata di questa pagina di Vangelo: "Ridusse la tempesta alla calma, tacquero i flutti del mare. Si rallegrarono nel vedere la bonaccia ed egli li condusse al porto sospirato" (Sal 107,29-30).

Siamo al capitolo 6 del vangelo di Giovanni, e tra il segno dei pani (vv. 1-15) e la catechesi che ne segue (dal v. 22 in poi) c'è l'intermezzo dell'incontro di Gesù e gli apostoli sul mare. Poche pennellate per descrivere un dramma e una scoperta fondamentale per i discepoli.

"Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca".
La scena segue il ritirarsi di Gesù, solo, sul monte dopo la moltiplicazione dei pani, perché lo cercano per proclamarlo re (cfr. Gv 6, 15).
Non è per quello che ha fatto il segno di cura e ristoro per cinquemila uomini, ma il suo ritirarsi lascia soli i discepoli, nella notte.
Il Lago di Tiberiade, di giorno, non incute paura. Anzi: guardarne le rive all'orizzonte ti dà un bel senso di pace e di tranquillità.
Diverso avventurarsi di notte su quello che i galilei consideravano un mare, e quindi una vastità non gestibile.
Vi scendono la sera, incontro alla notte che avanza, sospesi in un guscio da cui dipende la loro vita.

"Si avviarono verso l'altra riva".
È un immagine universale della vita di ogni uomo vista come una traversata per raggiungere "l'altra riva", in questo caso Giovanni dice che è Cafàrnao, la casa.
I discepoli ben presto scopriranno che è un viaggio che non si può fare da soli, che hanno bisogno di chi li accompagni.
Tutta la scena sembra un sogno ancestrale, in cui ci si avventura verso il nuovo, l'oscuro, il desiderio, ma anche la paura.
Ogni uomo desidera il viaggio, come un novello Ulisse sogna il viaggio della vita, oltre le colonne d'Ercole, oltre il conosciuto, alla ricerca di se stesso e dell'Altro che si intuisce presente più nell'oltre che nell'oggi.
E' un'altra riva a cui approdare, ma mille dubbi e angosce riempiono il viaggio di insidie anche solo immaginate.

"Era notte e il mare agitato".
Notte e tempesta dicono in modo sintetico tutto il difficile di questo viaggio. Il marinaio più esperto in queste condizioni è in difficoltà. Ogni traversata diventa così materializzazione di tutte le remore ad avventurarsi che prima erano solo temute. La traversata diventa drammatica.
La morte si staglia minacciosa come una prospettiva neanche tanto lontana.
Le traversate in epoche passate erano veramente avventurose se si pensa che non c'erano le nostre città illuminate sulla riva, senza un faro che ne indicasse l'approdo o sistemi satellitari a tracciarne la rotta.
I discepoli sono in balia delle onde e la solitudine, senza Gesù, si fa sentire come un macigno insopportabile.

"Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare".
Remare contro la tempesta, sbattere contro un muro che fa rimbalzare il nostro accanirsi come se fosse tutto inutile, è rendersi conto che nella notte della vita non possiamo fare nulla. Siamo imprigionati, succubi di un potere più grande di noi e lì bisogna alzare lo sguardo, guardare attraverso per poter vedere.
Una visione inaspettata apre il varco alla speranza.
Chi è colui che cammina sulle onde, che plana sulle acque, che domina i flutti?!
C'è un qualcuno che la tempesta non abbatte, superiore al mare, che riesce a traversarlo e tranquillamente a dominarlo?
Il mare nella Bibbia rappresenta il mondo del caos in cui Dio ha messo ordine, planando e pronunciando parole che fanno sgorgare la vita. (cfr. Gen 1, 1ss)
Camminare sul mare rimanda naturalmente anche all'Esodo. Israele aveva gustato la vittoria sulle acque quando il Signore aprì il mare per loro dominandolo e facendone un alleato contro il faraone che li teneva soggiogati (cfr. Es 14, 22).
Il camminare sulle acque risponde al desiderio fondamentale dell’uomo di solcare i mari, di sorvolare i paesaggi, di distruggere il limite che lega alla terra e di superare il confine ultimo verso la vita che non muore.

"Allora vollero prenderlo sulla barca".

Prendere Gesù "nella nostra barca" rende possibile il cammino verso "l'altra riva".
È il cammino per eccellenza nella vita, è la Vita definitiva, l'approdo a cui tutti speriamo di giungere.
Questo brano rivela che Gesù c'è in questo viaggio dai tanti significati, e la sua presenza libera dalla paura di compierlo.
La vittoria sul mare mostra colui che può porre limiti all'abisso e impedirgli di ingoiare i figli degli uomini, proprio come la morte, arginata affinché non distrugga l'umanità per sempre (cfr. 1Cor 15, 55).
Ecco perché leggiamo questo brano "pasquale" oggi!

"...e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti".
Giovanni con poche parole e con quel "subito" dice che la direzione in fondo non era la casa a Cafàrnao. Erano stati chiamati per un'altra vita, la prima volta lungo quel mare, diretti ad un'altra realtà che intravedono ma che ancora non conoscono.

Erano stati chiamati per raggiungere lui!

L'esperienza di quella notte gli sarà fondamentale nell'altra notte tempestosa, in cui la Luce sembrerà eclissata perché Gesù è salito, solo, sul monte del Calvario.
"Sono io, non abbiate paura!" sono le parole che ripete ogni volta che appare dopo la resurrezione.

Deve rassicurarli, deve fare sentire di nuovo la sua voce per toglierli dall'angoscia.
Rivederlo vivo, dopo che è passato per primo all'altra vita (evidenza delle tenebre che non lo hanno vinto) donerà ai discepoli la speranza e la certezza che quel nuovo tanto desiderato è possibile e raggiungibile in compagnia di Gesù risorto che è sempre con loro.

Commenti

  1. Poco dopo l'anno 100, sant'Ignazio di Antiochia, condannato a morte dall'autorità civile, afferma con piena consapevolezza: "Quando sarò giunto là (nella vita eterna), allora sarò pienamente uomo".

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  2. Al ver.19 lo vedono. “Camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura”. Dunque, il viaggio è senza di Lui, ma con Lui! Siamo già forse dentro all’ipotesi di “leggere” il miracolo dei pani come indicazione di un Pane che accompagna il viaggio verso l’altra riva. Viene alla mente il pane che ha accompagnato l’esodo dei Padri, pane che sarà presente nel discorso di Cafarnao. Quindi il viaggio è senza di Lui, ma anche con Lui, che “non li aveva ancora raggiunti”, ma che poi si avvicina alla barca. Cammina sull’acqua, che quindi non lo sommerge, e sembra voler far memoria ancora dell’Esodo e di un’acqua che si è aperta perchè i Padri ne uscissero illesi.
    (Giovanni Nicolini)

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  3. Prima di introdurre questo brano dettagliatamente vorrei
    ricordare un episodio dagli Atti degli Apostoli, al capitolo 27. Paolo
    sta viaggiando verso Roma, è prigioniero e deve comparire davanti
    all’imperatore - verrà anche ucciso dopo - e questa nave è da
    quattordici giorni in burrasca. A bordo ci sono duecentosettantasei
    persone ed è carica di frumento e quando c’è burrasca non si
    mangia, quindi è da quattordici giorni che la gente - carica di
    frumento - è digiuna e sta andando a fondo. È un po’ il simbolo
    della vita, dove noi credenti o non credenti - Paolo era in mezzo a
    tutti non credenti - siamo tutti sulla stessa barca, dove c’è il pane, la
    vita, però non riusciamo a mangiarlo perché siamo colti da nausee,
    burrasche, paure. Allora Paolo nel momento decisivo, chiama tutti
    mentre ormai sembrava che fosse la fine, e dice: Prendete il pane, è
    necessario per la vostra salvezza. E Paolo prese il pane, lo benedisse,
    lo spezzò e lo diede a tutti e tutti furono rianimati e tutti
    approdarono a terra, la barca invece andò a fondo, col carico di
    frumento. Quasi un’Eucaristia sul mondo e anche nell’abisso.
    Ormai questo pane c’è dappertutto e salva tutti gli uomini.
    C’è un pane che ci salva tutti ed è il modo di vivere il rapporto con le
    persone e con le cose, ciò che i discepoli non hanno capito. In tutto
    il capitolo sesto Gesù spiegherà il significato del pane e della vita.
    (Silvano Fausti)

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  4. Grande le allegorie di queste riflessioni.
    Il mio quotidiano e' vissuto col timore di non poter passare all' altra riva.
    Non vedo da lontano......
    Durante il tragitto mi devo fidare di qualcosa che non vedo,non tocco...
    Una morte per me
    L'ATTESA ....
    Signore fammi essere più leggero
    Grazie

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  5. "Sono io, non abbiate paura!" ..Deve rassicurarli, deve fare sentire di nuovo la sua voce per toglierli dall'angoscia.

    Signore vieni in mio aiuto, vieni a tirarmi fuori dall'abisso, toglimi dall'angoscia.
    Come i discepoli anche io mi sento di essere in una notte tempestosa, mi sento stanca, Padre non lasciarmi sola.

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  6. Fa' che senta
    sulla mia strada dolorosa,
    il tuo passo sicuro che non mi abbandona.

    Credo in te, o Gesù,
    perché sei la Verità.
    Spero in te perché sei fedele.
    Amo te, perché sei l'Amore.


    CARD. GIOVANNI BATTISTA MONTINI

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