Vangelo del 13 maggio 2019

Io sono la porta.
Gv 10, 1-10

"In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».

Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza»".

I primi 30 versetti del capitolo 10 di Giovanni sono conosciuti come quelli del "buon pastore".
Le parole sulla "porta" rischiano di essere trascurate. Non è frequente sentire qualcuno che parla di Gesù "porta".
Il vangelo stesso annota che Gesù usa una similitudine che i suoi ascoltatori non capiscono.

Per comprendere meglio le parole "recinto" e "porta"  può esserci utile qualche riferimento alla storia di Israele.
Una delle priorità al ritorno dall'esilio babilonese fu la ricostruzione delle porte di Gerusalemme. Il capitolo 3 del libro di Neemia ricorda la ricostruzione di 8 porte, di cui la prima è quella chiamata "delle pecore".
"Eliasìb, sommo sacerdote, con i suoi fratelli sacerdoti si misero a costruire la porta delle Pecore. La consacrarono e vi misero i battenti" (Ne 3, 1). 
Era chiamata così perché attraverso questa porta entravano le pecore che venivano sacrificate nel Tempio.
La porta del recinto è quindi un evidente allusione al Tempio, in cui le varie aree di avvicinamento al Santo dei Santi, anticamere e vestiboli, erano accessi  concessi solo ad alcuni, come ai leviti o al solo sommo sacerdote dopo i riti di purificazione.
Gesù è la nuova porta, che permette l'ingresso nel Tempio.
Si entra nel Tempio attraverso di lui, ogni altra forma di accesso è superato.
Le pecore, suo popolo di discepoli, non entrano per fare sacrifici o sacrificarsi per Dio.
Nella nuova alleanza non è richiesto alcun sacrificio, perché il rapporto con Dio è nel Figlio. Egli, che ha aperto la vita di Dio donandosi, mostra che nel Padre non vi sia volontà di sudditanza, ma di comunione filiale profonda.

"Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro".

Il non capire non viene dal fatto che Gesù parli una lingua astrusa, ma risulta incomprensibile che chi sta parlando, un uomo, sia l'unica porta di accesso a Dio e al suo Tempio.

"Le chiama e le conduce fuori".
Vá sottolineato il movimento che Giovanni indica: da dentro a fuori.
Il pastore non li vuole rinchiudere in un recinto diverso, il suo, ma le vuole condurre fuori, libere dal recinto della legge e del peccato in cui si trovano.
Addirittura le "spinge fuori" con un atto di forza liberatoria. Tante teorie sul ritorno all'ovile, sul rientrare nell'ovile, non nascono da questo vangelo.

"Cammina davanti". È il pastore che conosce la strada e la apre davanti al gregge perché cammini sicuro, come Dio precedeva il popolo nel cammino del deserto. A Pietro, che vuol mettersi davanti, indicando una strada che non porta alla croce, ma ad una investitura da condottiero politico e trionfale, Gesù lo rimette al posto che spetta al discepolo, dietro di lui. Solo lui può camminare avanti, verso la direzione che il Padre indica.

"Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo".

Non c'è realtà dell'uomo che sia fuori dalla vita di Dio!
Questa è una bella notizia perché nel nostro immaginario solo entrando degnamente in comunione con lui,  possiamo vivere della sua grazia.
Entrare, uscire e trovare comunque nutrimento, ristoro e salvezza è sconvolgente per le nostre orecchie abituate a ben altre prediche che invitano più a sottomissioni di buona educazione, che invece annuncino grazia continua e immeritata, che sgorga per la nostra salvezza.
Che sollievo sapere che uscendo lo sguardo del pastore non ci abbandona e che il Signore continua a saziarci e dissetarci per la vita!
Non c'è più luogo santo, separato dai luoghi profani.
Tutta la realtà è impregnata della santità del Figlio.

"Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza". 

È un'affermazione che da sola giustifica l'intera Bibbia. Questo è il motivo che sta dietro ad ogni azione di Dio nella storia della salvezza, che è senso di ogni parola e gesto di Gesù nel Vangelo.
Non è più tempo di grazia elargita col contagocce ai meritevoli, non regge più una evangelizzazione esclusiva ed escludente.
La Chiesa è il luogo dell'annuncio di vita per i lontani e per i vicini, perché tutti peccatori, attingano alla vita nel Figlio in abbondanza.

Commenti

  1. Il recinto serve a proteggere le pecore dall’assalto dei lupi e degli animali rapaci. Ma il recinto può diventare una gabbia, una costrizione insopportabile. E Israele è finito prigioniero in quel recinto di prescrizione rituali e di leggi religiose che hanno soffocato la libertà del popolo. I mercenari, i sacerdoti del ricostruito tempio, i dottori della Legge, trattano male le pecore, le tengono prigioniere, non vogliono farle crescere ma le soffocano con la loro religiosità opprimente e claustrofobica. A volte anche noi, oggi, siamo oppressi nel recinto delle nuove prescrizioni religiose. E Gesù ci libera, ci riporta alla verità. Solo passando attraverso di lui possiamo riappropriarci della vera fede, solo allontanando dal nostro cuore la triste idea di Dio che a volte ci facciamo possiamo recuperare il vero volto di un Dio pastore buono e bello, che ha a cuore le sue pecore, che le conosce per nome, che le chiama ad una ad una. (Paolo Curtaz)

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  2. È molto chiaro, le pecore sono il popolo, il popolo di Dio. Il
    recinto è una parola che in greco non vuol dire ovile; recinto è
    anche quello usato per il tempio, o per la tenda del convegno.
    Recinto è ciò che ci tiene dentro. Cosa fanno le pecore nel recinto?
    Di notte può essere utile che stiano lì perché non sanno dove
    andare; di giorno le pecore nel recinto sono semplicemente munte,
    tosate, vendute, macellate. E i capi le tengono nel recinto appunto
    per sfruttarle, opprimerle e svenderle. E il recinto tenete presente è
    il tempio, è il concetto che abbiamo di Dio e di legge, che è lo stesso
    concetto che abbiamo di uomo.
    (Silvano Fausti)

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  3. Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Sono venuto perché abbiate la vita piena, abbondante, gioiosa. Non solo la vita necessaria, non solo quel minimo senza il quale la vita non è vita, ma la vita esuberante, magnifica, eccessiva; vita che rompe gli argini e tracima e feconda, vita che profuma di amore, di libertà e di coraggio.

    In una sola piccola parola è sintetizzato ciò che oppone Gesù a tutti gli altri, ciò che rende incompatibili il pastore e il ladro. La parola immensa e breve è «vita». Parola che pulsa sotto tutte le parole sacre, cuore dell’evangelo, parola indimenticabile. Cristo non è venuto a pretendere ma ad offrire, non chiede niente, dona tutto.
    (www.chiesavaldeseditrapani.com)

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  4. Disarmante questo vangelo per chi confonde il pastore bello che è Gesù, per un imbroglione e falso pastore che imprigiona le sue pecore sottomettendole. C'è bisogno di un Salvatore che ti liberi da falsi idoli e ti ridoni la vista per toglierti dalla cecità, dal buio e da credenze ingannevoli.
    Signore spero in Te, pietà di me.

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