Prima lettura del 14 settembre 2019

Ogni lingua proclami
Fil 2, 6-11

"Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre."


Eccoci davanti ad un inno, perla preziosa della fede dei primi discepoli.
Paolo ricorda come i primi credenti si sostenessero a vicenda nella fede, e li esorta: "istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati" (Col 3,16).
Sono componimenti poetici che trasmettono comprensioni che altre composizioni letterarie non riescono ad esprimere.
Le lettere di Paolo ce ne hanno trasmessi tanti e poco importa se l'apostolo li abbia attinti a scritti precedenti.
Ciò che è rilevante è che sono ricchi di teologia del mistero di Cristo e che parlino agli uomini di tutti i tempi e di ogni cultura.
Questo inno canta il mistero dell’abbassamento di Dio nel suo Cristo e dell'innalzamento nella Gloria.
Incarnazione e assunzione al cielo sono i due orizzonti in cui si sviluppa la vicenda umana del Cristo, dimensione esistenziale che travalica il tempo e dà senso a tutta la storia.


"Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l’essere come Dio".

È la prima scena. Cristo, pur essendo il tutto, non tiene per sé, come una preda da custodire gelosamente, questa totalità.
Non si chiude in questo privilegio esclusivo, ma si "estroflette" verso la realtà creata.
Non è una azione tra le tante, ma la vedo come l'essenzialità del Signore: tutto in lui, ci insegna il Figlio, è dono, sguardo all'oltre e tensione all’altro. È un Dio estro-verso (che si sposta verso fuori), un Dio in estasi (che esce fuori da sé). Non geloso, chiuso, arroccato, ma proteso e aperto verso il mondo e l'uomo.


"Ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini".

È molto forte il termine svuotarsi se pensiamo che si sta parlando di Dio!
Un Dio che si annienta per raggiungere in basso l'uomo, il Signore che diventa servo, fino ad essere uno tra i tanti nati da donna...
È una discesa vertiginosa! Una vera umiliazione della divinità, un vero abbandono di pienezza per raggiungere la creaturalità, con tutta la limitatezza e la caducità che la caratterizza!


"Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce".

Continua la discesa. Non un uomo sugli uomini, il primo, il massimo...
Riconosciuto e trattato come un uomo, si lascia umiliare e si mette all'ultimo posto.
Ecco, in questa scelta ne avvertiamo tutta la mortificazione: abbassamento che nessuno di noi sceglierebbe, la condizione peggiore di tutte.
Il nostro cuore si ribella a tanto, non lo farebbe per se stesso, si sente di difendere chiunque si trovi in questa mancanza di dignità.
Ma il Cristo non ha voluto neanche questo, non si è fatto fermare dai difensori del suo onore.
La fedeltà al suo desiderio di "abitare tra di noi" lo ha spinto fino alla morte e anche questa la peggiore: la morte degli schiavi, l'infamante morte di croce.
Qui il silenzio ci assale.

Rimaniamo ammutoliti da tanto annientamento, da una scelta così assurda che grida un perché, che non riusciamo ad abbracciare neanche col pensiero.
Non c'è per noi la possibilità di risalire da questo baratro!

Questa scelta è compresa, assunta da qualcuno?

Ecco che l'inno, nel punto più basso toccato, prende la direzione contraria, una luce pasquale.
"Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome".

Nella logica di Dio Amore, tanta obbedienza per amore, riceve il riconoscimento davanti a tutta intera la creazione e il suo Nome (in ebraico 'HaShem") viene reso il grande e il più alto perché si veda che "le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo" (Ct 8 ,7).
Davanti a questo amore che ama sino alla fine, inarrestabile dalla morte, il Padre rivela la sua volontà che occhi accecati dalla paura di perdere tutto si rifiutavano di vedere.

"Nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra".

Ogni potere, ogni altra autorità, ogni forza diviene secondaria e sottomessa a questo amore grande.
Ogni pretesa di auto salvezza, di merito e vanto si frantuma contro questa scelta così radicalmente amante.
Le gambe ritte, di chi si illudeva di comprendere dall'alto di una sapienza umana, si piegano e vacillano, ogni intelligenza e logica umana tracima a terra, riconoscendo che questa via impensata e mai voluta, è l'unica che ci salva.
Cosa mostra tanto amore e tanta sofferenza? Mostra la gloria di Dio, il suo vero volto, la logica che non è nostra ma l'unica che salva il mondo!

Dopo essere rimasti muti e annichiliti da una volontà così distruttiva, lo stupore apre la bocca alla lode:
"Ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre."

L'inno che ha mostrato di quale amore il Figlio è capace e quale volontà muove il Padre per "introflettere" tutta la realtà creata nella sua Gloria, prorompe nel rendimento di grazie e nella gioia.
E il nostro cuore, che difficilmente si fida di cose troppo gratuite, sente che di questo Amore si può fidare, e che il movimento di discesa del Figlio è stato voluto per raggiungerci tutti ed essere pescati alla vita di Dio.

Commenti

  1. Il brano che leggiamo oggi è conosciuto anche come Inno Cristologico di Filippesi. Con tutta probabilità era un inno già diffuso tra le comunità cristiane e Paolo lo inserisce nella sua lettera, quando al capitolo 2 esorta i Filippesi a non agire per rivalità o vanagloria ma ad avere in sé gli stessi sentimenti di Cristo (Fil 2,5). Nell'inno si ritrovano diversi termini presenti nella prima parte del capitolo (che leggeremo tra qualche domenica) e servono da collegamento tra l'esempio di Cristo e l'atteggiamento che i Filippesi devono assumere.
    La prima cosa che si afferma di Gesù in questo inno è che egli aveva forma di Dio. Il termine formanon riguarda il carattere specifico di Gesù, ma si tratta di un termine che fa coppia con quello usato nel versetto seguente: forma di servo. Sottolinea così il paradosso del gesto libero e volontario con cui Gesù vi ha rinunciato. La forma di Dio, che giustamente è stato tradotto con condizione di Dio, comporta dominio, autorità e dignità. Gesù non ha voluto sfruttare a suo vantaggio queste sue prerogative.
    (Monastero Matris Domini)

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  2. L’ha esaltato perché la vera altezza è questa, è l’altezza di Dio
    che è amore, e allora riceve come dono il Nome, il Nome è Dio, il
    Nome sopra ogni altro nome, proprio per questo è Dio; quando
    avrete innalzato il Figlio dell’uomo, saprete che Io sono, non prima;
    proprio in questa nuova gloria, la gloria dell’amore noi conosciamo
    Dio e conosciamo, quindi, la nostra verità di uomini, se vogliamo
    realizzarci nella vera gloria, il resto è vana gloria; è peso vuoto, è
    inconsistente, è il nulla.
    (Silvano Fausti)

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  3. Nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi. Questo nome,
    questa persona di Gesù che ci ha rivelato la gloria di Dio viene ad
    essere la critica di ogni idolo, cioè non c’è altro Dio all’infuori di
    questo, in cielo, sopra il cielo, sulla terra, sotto terra e questa
    immagine di un Dio crocifisso c’è la critica fondamentale ad ogni
    religione e ad ogni altra immagine di Dio, e ogni ginocchio si pieghi.
    La forza del cristianesimo, anche dal punto di vista di ciò che
    farà si che tutte le religioni andranno a Cristo, è questa irriducibilità
    della Croce a qualunque religione; è lì che si piegherà ogni
    ginocchio, davanti all’umiltà di Dio, davanti alla piccolezza estrema
    di Dio, davanti alla Croce, non davanti al potere, non davanti ai
    grandi ragionamenti, ma qui sì, viene distrutta o purificata ogni
    religione così come ce la inventiamo noi.
    (Silvano Fausti)

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  4. Ti sei abbassato a Dio è dalla Croce regni.... la strada è una: non il potere del comandare, ma il potere del servire. Questo è il percorso che hai tracciato questa è la strada che ci indichi perché tu l hai già percorsa e su quella strada ti incontro mi prendi per mano e mi indichi la via della vita.

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  5. Grazie Signore
    Cosa posso aggiungere a quello che hai e continui a fare per me!
    Nulla?
    Silenzio.
    Azione, cercare di capire cosa sono io, in ogni momento del quotidiano
    E dopo agire secondo il clou di quanto ricevuto :
    IL DONARMI

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