Prima lettura del 14 ottobre 2019

Grazia a voi e pace
Rm 1, 1-7

"Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!"


L'inizio della più importante lettera di Paolo è solenne ed tutto incentrato sul saluto che, più che un semplice atto di cortesia, è un concentrato di teologia che culmina nell'augurio di grazia e pace.
Difficile anche da leggere perché un unico e grande paragrafo, mi ricorda un torrente in piena, nella sua densità di consapevolezza e di fretta nell'annuncio ai figli amati di Roma.
In tre modi Paolo descrive la sua esistenza di cristiano.

1 "Paolo, servo di Cristo Gesù".
Incontrare il Cristo risorto e mettersi al suo servizio per Paolo è un tutt'uno. Servire il suo Signore finalmente incontrato nei suoi discepoli perseguitati e nella luce della rivelazione sulla via di Damasco, è ormai il senso della sua vita.
Cristo che si è fatto servo per raggiungere ogni uomo ed elevarlo alla dignità di figlio, attira Paolo nello stesso compito, quello di essere al servizio dell'umanità bisognosa di scoprire la salvezza.

2 "Apostolo per chiamata".
Sarà il vanto di Paolo. È stato chiamato, anzi è stato prima fermato nella sua corsa pazza che veniva dallo zelo religioso e dalla certezza di saper giudicare rettamente, e poi chiamato ad essere "apostolo" cioè inviato, rappresentante. Qualcun altro lo spinge e lo manda; non viene da lui o da fonti umane questa missione.

3 "Scelto per annunciare".
Tra i tanti ministeri suscitati dallo Spirito, l'annuncio, quello che fa nascere le comunità e mette in moto le energie della fede, è basilare. Paolo tutta la vita vivrà con intensità questo servizio.
Lui sente per se stesso che questo ministero supera tutti gli altri: "Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo" (1Cor 1, 17).
Sull'esempio di Paolo, andrebbe rivalutato anche da noi questo ministero dell'annuncio, essendo una vera e propria missione, non prerogativa dei sacerdoti ordinati, perché investe anche laici e donne.

"il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture".
Grande conforto per il fariseo zelante diventato cristiano ritrovare nelle scritture della tradizione ebraica le tracce della buona notizia promessa e profetizzata!
Nell'evento di Damasco, che lo ha rivoltato come un calzino, le Scritture rimangono a fondamento della sua fede con una luce nuova, quella del Cristo.

E il brano contiene anche un piccolo ma denso credo che riassume il cuore di questo vangelo "che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore".
In poche battute c'è tutto il mistero del Messia di Dio manifestato in Gesù.
È il percorso glorioso del Figlio, manifestato nella carne, come era stato annunciato secondo le scritture e proclamato Signore nella Pasqua.

"Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti".
L'unicità di Cristo è essere fonte della grazia dell'apostolato, che non viene quindi da Mosè, il grande profeta d'Israele e colui che aveva condiviso lo spirito ricevuto con altri 70 anziani, né da altre autorità. Paolo dichiara di aver avuto tale autorità direttamente dal Cristo, e che non gli proviene neanche dagli apostoli.
"Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo" (Gal 1, 11-12).
La meta del lavoro missionario in Paolo è veramente l'inizio di un nuovo fino ad allora impensabile in Israele perché chiamata alla fede di tutti i popoli, delle genti, i lontani, i non appartenenti per circoncisione alla promessa fatta ad Abramo. Per noi non è chiaro immediatamente quale enorme rivoluzione abbia portato la sua predicazione senza differenze o gerarchie salvifiche tra ebrei e pagani. Ma basta ricordare che se anche Pietro fece fatica ad entrare in quest'ottica di accoglienza incondizionata, veramente Paolo è stato un missionario precursore di evangelizzazione di tutti i popoli.

E tra tutte le genti Paolo si rivolge ora a quelli di Roma, "amati da Dio e santi per chiamata".
Magnifica definizione di cristiani, che ci dovremmo ricordare reciprocamente. Noi siamo coloro che fondano la loro speranza sull'annuncio del Vangelo, amati e santi!

Infine Paolo chiude questo lungo periodo col saluto "grazia a voi e pace"!
Lo shalom, che da sempre si auguravano gli ebrei incontrandosi, ora è invocato "da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!".
Non siamo noi a raggiungere lo shalom, non sono le nostre opere che creano la pace: solo la grazia del Signore dona e realizza continuamente, pur in mezzo a tante lotte, il sogno più comune a tutta l'umanità. La pace è un'opera potente del Signore, uno strappare dalla morte, un portare a vita nuova, un pregustare, già adesso, che l'armonia fraterna è possibile e realizzabile per tutti coloro che la anelano.
Gesù Cristo, innalzato alla destra del Padre, "Lui è la nostra pace" (Ef 2, 14).
Il "Principe della pace" (Is 9, 5) annunciato dai profeti è il Cristo ed è lui che Paolo annuncia con la certezza che è, già oggi, fonte di grazia e pace per tutti gli uomini.

Commenti

  1. Il primo termine con cui si autodefinisce è "schiavo" di Cristo Gesù. Con ciò egli esprime una relazione di totale e incondizionata appartenenza. Questa parola traduce l'ebraico ‘ ebed, che era un termine onorifico utilizzato nell'AT per indicare coloro che Dio sceglieva e chiamava per un importante missione (es. Mosè, Giosuè, Abramo, Davide, Isacco). 
    (Monastero Matris Domini)

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  2. Il vangelo di salvezza… Paolo presenta con essenzialità il contenuto centrale del vangelo.
    Questi tre versetti sono come un piccolo credo, una breve professione di fede nel mistero di Cristo,
    forse già usata nelle liturgie delle comunità primitive. Essa sottolinea le due dimensioni di Cristo:
    • pienamente uomo: ebreo, discendente di Davide, fragile e mortale;
    • figlio di Dio: costituito Signore con la risurrezione dai morti, potente e immortale.
    In questa professione di fede non si parla tanto di due “nature” (affermazione venuta molto dopo
    nella Chiesa), ma di due “condizioni esistenziali” di Gesù di Nazaret, quella prima e quella dopo la
    risurrezione. Come nell’inno della Lettera ai Filippesi (2,1-11) Paolo sottolinea il cammino storico-
    esistenziale (più che quello teologico-dogmatico) del mistero di Cristo: il Figlio di Dio dall’eternità
    ha iniziato ad esistere nel tempo in Gesù di Nazaret, pienamente uomo come tutti; per grazia di Dio
    il Nazareno è risorto dai morti ed è stato costituito Signore della storia e Salvatore.
    (Sergio Carrarini)

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  3. Fissata la precedente equazione Vangelo = Cristo e considerata l'importanza irrinunciabile di Cristo, si comprende l'altissima coscienza che Paolo ha della sua missione e il suo impegno per rendere partecipi tutti di tale esperienza. Ancora una volta ribadisce che il suo compito ha un'origine divina e che la conoscenza profonda che egli ha fatto di Cristo è un dono (grazia) da mettere a disposizione degli altri: «per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato». Apostolo è colui che vive la sua fede trasformandola in testimonianza: «La fede si rafforza donandola». L'apostolo intende portare gli altri alla fede, intesa come «obbedienza», che, come dice la parola (ob+audio), è sostanzialmente un ascolto per eseguire la volontà divina. Il raggio di azione di Paolo è universale, perché con l'espressione «tutte le nazioni» sono intesi gli uomini nel loro insieme, senza distinzione di razze e di culture. Cade la plurisecolare barriera che aveva distinto e separato il popolo di Dio dai pagani, perché «Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio né femmina, perché tutti voi siete una cosa sola, in Cristo Gesù» (Gal 3,28).
    (Mauro Orsatti)

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  4. Grazia a voi e pace! Ma che bellissimo augurio e consolante dono riceverlo. La vita del cristiano è un cammino fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio’ (Sant’Agostino, De Civitate Dei XVIII, 51, ndr). Gesù ci fa un regalo, la sua pace!

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