Prima lettura del 4 ottobre 2019

Conta l'essere nuova creatura
Gal 6, 14-18

"Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio.
D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen".


Sono questi i versetti finali della lettera ai Galati, scritta da Paolo tra il 54 e il 57, dopo la notizia su strani maestri che nella comunità proponevano il ritorno a norme ed usanze giudaiche rischiando di rendere vana la Croce di Cristo.
Questi maestri pongono la loro sicurezza nella circoncisione e nella legge di Mosè e vorrebbero imporle come necessarie anche per i cristiani.

"Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo".
Che significa vantarsi per Paolo? Di cosa può vantarsi un cristiano? Delle opere, no di certo perché non portano nessun merito; della sequela della legge neanche perché addirittura la legge svela che sono impossibilitato a seguirla come vorrei.
Anche nella lettera ai Romani affronta questo argomento cruciale:

"Questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza (Rom 5, 2-4).
Vantarsi allora non vuol dire fare lo sbruffone davanti a Dio come lo farei davanti agli altri per attirare complimenti, approvazione e onori.
In questa lettera Paolo chiarisce: davanti a Dio non presento la mia bravura, né i meriti che vengono dalla circoncisione e dalle opere, ma metto la mia fragilità, la povertà, il bisogno e il peccato. Tutto questo attira la salvezza di Dio!
La mia "raccomandazione" davanti al Padre è aver bisogno di lui, mostrarmi come sono, nell'impossibilità di salvarmi da solo! È finito il tempo dei meriti e demeriti. Siamo salvati gratuitamente perché la salvezza non viene da se stessi.
Quando scrive Paolo si sente che in cuore gli brucia forte questo vanto: lui è sicuro e lo annuncia sempre che la Croce di Gesù Cristo è stata l'unica fonte della sua salvezza!
Se la legge era venuta per mezzo di Mosè, la "grazia e la verità" vengono solo per mezzo di Gesù, come dice il Vangelo di Giovanni nel suo prologo.
E la croce è il cuore dell'annuncio, ciò che un cristiano può mostrare con orgoglio: la croce del Figlio è lo stendardo da innalzare per far vedere a quale patria apparteniamo, di quanto amore siamo stati beneficati.

"Per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo".
Il battezzato, come Paolo, è fortemente coinvolto in quella morte.
Il mondo, cioè i mezzi umani di salvezza sono stati squalificati dalla croce; noi da quella croce siamo spogliati da ogni possibilità di auto-salvezza e rivestiti della misericordia gratuita e immeritata.
"Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 19-20).

"Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura".
Paolo, ligio fino allo stremo della legge ebraica, era stato buttato a terra con tutte le sue certezze e accecato dalla luce di Cristo, affinché scoprisse quanto lo zelo della religione lo rendesse cieco e col cuore di pietra.
La possibilità del rapporto con Dio non sta più in circoncisione si o circoncisione no; è stata inaugurata una nuova condizione, senza precedenti, manifestata dalla Pasqua di Gesù.
"Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" (2Cor 5, 17).

"E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio".
Questa è ora la via della pace, dello shalom universale.
La misericordia e la pace sono offerti al nuovo Israele, nel quale anche i pagani hanno accesso, avendo la croce cancellato la distinzione tra il popolo eletto e il resto dell'umanità che era rimasta esclusa dalla legge di Mosè.

"D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi".
Paolo è stanco di questa continua lotta per fare riconoscere il nuovo che viene dal Vangelo. Tutta la sua vita è stata segnata dall'ostilità degli stessi cristiani, specialmente i convertiti dall'ebraismo, tentati di tornare al vecchio della religione antica.

"Io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo".
Il vangelo lo ha segnato profondamente nel corpo e nello spirito.
La prigionia, le lapidazioni, le fughe, il naufragio in mare, sono incise nella sua carne come ferite di guerra per aver combattuto per il Vangelo.
Se il Maestro è stato riprovato, condannato e messo a morte per aver rivelato un Dio nuovo e vergognosamente remissivo di fronte agli uomini, la stessa sorte sarà per il discepolo che annuncia lo scandalo della croce.

"La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen".
La lettera ai fratelli della Galazia si conclude con un saluto benedicente per coloro che sono figli partoriti nella fatica e nell'amore dall'apostolo.
Per noi questa breve lettera resta una preziosa testimonianza dell'assoluta novità del Vangelo che Paolo non si è mai stancato di annunciare, demolendo vecchie certezze, per far risplendere la novità della croce di Cristo.

Commenti

  1. Le cose che appartengono al mondo vecchio hanno perso completamente il loro valore e la loro importanza. "Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" dice nella 2Cor 5,17. Per mezzo del battesimo si ha la nuova creazione in Cristo e in questa le antiche vie di salvezza dell'umanità non possiedono più valore alcuno e per queste non ha più senso vantarsi di esse perché l''unico oggetto di vanto legittimo ora è soltanto la croce di Gesù, per mezzo della quale il mondo, e ciò che per esso è importante, è stato crocifisso, ossia è morto, ha perso totalmente valore.
    (Michele Cerutti)

    RispondiElimina
  2. Mentre gli altri si possono vantare perché sono bravi, perché
    hanno tanti discepoli, perché osservano quella legge, perché si
    circoncidono, perché riescono ad andare d’accordo con tutti
    evitando tutte le grane, Paolo dice: io vorrei vantarmi di una cosa,
    della croce del Signore nostro Gesù Cristo. Noi siamo abituati a
    ripetere questo versetto tutta la quaresima e, forse, ci sfugge il
    significato profondo e lo scandalo perché la croce è il contrario del
    vanto: è un’ignominia; proprio sarebbe dire: io mi vanto della cosa
    peggiore che ci sia, perché la croce è la cosa peggiore che ci sia, è il patibolo dello schiavo ribelle che deve essere lontano dagli occhi,
    dalle orecchie e dalla bocca di un uomo libero, diceva Cicerone.
    Neanche si può parlare di questo, il semplice ascoltarlo offende
    l’orecchio, il vederlo, poi, è turpe; ecco, lui si vanta di questo, si
    vanta della croce, perché si vanta della croce? Dice: io non conosco
    altri se non Gesù Cristo e questi crocifisso; cioè nella croce Paolo ha
    capito l’essenza di Dio, Dio, come dice Giovanni, che ha tanto amato
    il mondo da dare suo figlio; ha capito sulla croce che il Signore Gesù
    mi ha amato e ha dato sé stesso per me, Galati 2, 20; ha capito il
    peso, la gloria di Dio, e il peso e la gloria di Dio è questo amore che
    l’ha tirato in basso, così in basso da farsi schiavo, schiavo di tutti e
    servo fino alla morte e alla morte di croce: questa è la gloria di Dio,
    la croce, il peso di Dio come amore e Paolo si vanta di questo. E
    questo è il vanto del cristiano: capire il mistero della croce e capire il
    mistero dell’amore di Dio per me.
    (Silvano Fausti)

    RispondiElimina
  3. Paolo chiede di non essere molestato; è strana questa
    richiesta, in genere Paolo non si lamenta di tutto il male che gli
    tocca, anzi se ne vanta. Se vedete la seconda Lettera ai Corinzi,
    capitolo dodici, versetto nono, dice quando son debole, allora son
    forte e, prima, ci sono un due capitoli in cui si vanta di tutte le
    difficoltà che subisce. Il problema è un altro, che qui è preoccupato
    dei Galati perché, se mi date molestia su questi punti, vuol dire che
    vi state perdendo voi, non è che si preoccupi delle molestie che
    subisce lui, si preoccupa del male che si fanno quelli che lo
    molestano; è come Gesù che piange su Gerusalemme che l’uccide;
    non è che piange per dire: o Dio mio che male mi capita; ma piange
    per Gerusalemme che si distrugge uccidendolo, cioè per il male che
    si fa, quindi è un segno di grande misericordia questo “non datemi
    molestie”. E poi continua: io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo,
    porta i colpi, porta le ferite, le ferite dell’apostolo, che lo assimilano
    alla passione di Cristo.
    (Silvano Fausti)

    RispondiElimina
  4. Oggi 4 ottobre: s. Francesco d'Assisi

    Papa Francesco in un omelia ad Assisi:

    Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole – questo è facile – ma con la vita?

    La prima cosa che ci dice, la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui.

    Da dove parte il cammino di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui. Francesco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare. In quel crocifisso Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire, come san Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14).

    Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore.

    RispondiElimina
  5. Viva S. Francesco lo yogi dell'amore cosmico!

    RispondiElimina
  6. Una croce, "la cosa più brutta", la morte più vergognosa.... un orrore davanti al quale si gira la faccia... per dono tuo diventa albero di vita...
    "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli."

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Perché un blog con questo titolo?!

Vangelo del 12 gennaio 2019

Vangelo dei domenica 13 gennaio 2019

Salmo 23 per il mio papà

Prima lettura del 21 agosto 2019