Prima lettura del 4 febbraio 2024

A me sono toccati mesi d'illusione 
Gb 7,1-4.6-7


"Giobbe parlò e disse: 

«L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?

Come lo schiavo sospira l'ombra 

e come il mercenario aspetta il suo salario,

 così a me sono toccati mesi d'illusione 

e notti di affanno mi sono state assegnate. 

Se mi corico dico: "Quando mi alzerò?". 

La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all'alba. 

I miei giorni scorrono più veloci d'una spola, 

svaniscono senza un filo di speranza. 

Ricòrdati che un soffio è la mia vita: 

il mio occhio non rivedrà più il bene»".

 

Quando tutta la sua vita si ribalta e perde ogni cosa, Giobbe inizia un dialogo schietto col suo Dio. Le difficoltà della vita non lo fanno allontanare, ma lo spingono a stare davanti a lui con il grande desiderio di capire una volontà che gli sfugge e che ruolo ha nei suoi progetti se tanta sofferenza gli è piovuta addosso.

Senza girarci attorno, rivolge al Signore domande dirette, senza timore gli presenta la durezza della sua condizione, aspettando consolazione e forza.


"Giobbe parlò e disse".

Giobbe si ribella alla sua situazione e fa un lungo cammino di fede gridando verso Dio e contro quelli che vogliono convincerlo che va bene così. 

La voce di chi è tormentato da una sofferenza che non capisce e non si merita, esce a fatica, brucia nel percorso dal cuore alla bocca.

Ma è l'unica via che un fedele percorre per trovare consolazione.


"L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?"

È una affermazione travestita da domanda. È duro il lavoro cioè l'opera di trarre dalla terra sostentamento, realtà già profetizzata in Genesi 3,17-19.

Nessuno può negare una fatica del vivere a cui si è soggiogati, che ci fa sentire schiavi che ci spinge a odiare quello che dovrebbe essere un servizio reciproco.

Neanche la persona più ottimista, se ha mantenuto un briciolo di realismo, può  disconoscere il lato opprimente del proprio lavoro.

La sofferenza che purtroppo non manca in nessuna vita, insieme all'incertezza del futuro, e a desideri sempre più frustrati, rendono ogni giorno il nostro vivere faticoso. 

L'uomo è paragonato ad un mercenario che obbedisce ad un padrone, pagato per opere non sue. 


"Come lo schiavo sospira l'ombra 

e come il mercenario aspetta il suo salario".

L'esempio è calzante perché lo schiavo e il mercenario non sono padroni di niente, non hanno neanche l'illusione di un libero professionista che vuole convincersi di essere libero in ciò che fa.

Lo schiavo è affamato di riposo e il mercenario di soldi. 

In ogni giorno sono tormentati da una fame senza fine, da una carenza di ideali e di senso che alla fine deturpa il loro volto rendendoli cose in mano a padroni.


"Così a me sono toccati mesi d'illusione 

e notti di affanno mi sono state assegnate".

Giobbe tira le conclusioni di ciò che è diventato: un disilluso che non crede più alle favole di chi vende frottole e un insonne che, atterrato dallo stress e dalla corsa continua e affannosa, non riesce neanche a riposare quando gli è concesso fermarsi.

Non è questa la vita che si aspettava, non è questa l'esistenza che merita. 

Il brano finisce con un bilancio desolante. Giobbe grida il suo dolore e, anche se non ne vede la fine, la sua anima continua a procedere nella lunga notte sofferente con l'unica certezza di non essere solo.


Link di approfondimento alla liturgia del giorno:


Salmo 147 (146),1-11

Commento del 05/12/2020

 

Seconda lettura di 1Cor 9, 16-19.22-23

Commento del 07/02/2021


Vangelo di Mc 1,29-39

Commento del 11/01/2023



Commenti

  1. "Così a me sono toccati mesi d'illusione
    e notti di affanno mi sono state assegnate".
    È la voce di Giobbe.
    È la voce di tanti nella sofferenza.
    Un grido che attraversa il mio cuore,
    la mia preghiera,
    la mia speranza.
    Illusione e affanno
    che aspettano luce e consolazione.
    Dal Signore e dai fratelli.
    "Così a me sono toccati mesi d'illusione
    e notti di affanno mi sono state assegnate".

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  2. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all'alba.
    Come si fa a dimenticare una notte così!
    Signore tieni per mano chi sta nella dofferenza.
    Fai sentire il TUO aiuto,anche col mio piccolo contributo.
    Amen

    RispondiElimina

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