Prima lettura del 7 settembre 2024

Noi deboli, voi forti

1Cor 4, 6-15


"Fratelli, imparate [da me e da Apollo] a stare a ciò che è scritto, e non vi gonfiate d’orgoglio favorendo uno a scapito di un altro. Chi dunque ti dà questo privilegio? Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto?

Voi siete già sazi, siete già diventati ricchi; senza di noi, siete già diventati re. Magari foste diventati re! Così anche noi potremmo regnare con voi. Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini.

Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi.

Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei carissimi. Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo".


Paolo nella prima lettera ai Corìnzi affronta una realtà spiacevole sorta nelle prime comunità cristiane, ma tanto attuale anche nelle nostre!

La rivalità si accende nel confronto tra lui e altri predicatori che tentano di squalificarlo agli occhi dei Corinzi. E nel vivo di questa riflessione conclude con un'affermazione difficile da controbattere:

"Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo"

Qua sta la differenza con gli altri annunciatori: Paolo li sente figli e da padre li difende dalle menzogne e fa memoria dei sacrifici che ha fatto a loro favore. 


"Voi siete già sazi, siete già diventati ricchi; senza di noi, siete già diventati re". 

Sentirsi già arrivati non è un buon segno nella vita spirituale. La perfezione, la sazietà, la pienezza, non è di questo mondo e il Vangelo non favorisce questa illusione.

Paolo ironizza su questo abbaglio, per svegliare i suoi fratelli e farli riconoscere come principianti nella fede, umilmente in cammino dietro all'unico Maestro da cui non si smette mai di imparare.


"Magari foste diventati re! Così anche noi potremmo regnare con voi". 

Sarebbe bello che i cristiani di Corinto avessero già raggiunto la metà! Sarebbe un vanto per loro e per la loro guida, per il loro padre spirituale. Ma l'apostolo sa bene che non può essere così. 

Il regno, che Gesù e lui annunciano è preparato per i discepoli e realizzato compiutamente nel regno futuro. Il nostro è un tempo di pellegrinaggio, di attesa, di desiderio e di speranza. 


"Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte". 

Nella comunità i primi, i capi, le guide, si scelgono gli ultimi posti, sicuri che qualcuno li chiamerà avanti per raggiungere il Padre (cfr. Lc 14,8-11). L'ultimo posto è quello di Gesù che ha rinunciato ad essere il Primo per noi.

Le guide nella comunità non hanno e non dovrebbero avere poteri o onori a cui normalmente si ambisce. 

Paolo addirittura paragona sé stesso e gli altri apostoli a condannati a morte, che non tengono più niente per loro, che si preparano a lasciare tutto, che attendono una nuova vita in Cristo, che da Re nel regno del Padre, è arrivato alla condanna a morte per la nostra salvezza.


"Poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini". 

La vita di un missionario del Vangelo si svolge sotto gli occhi di tutti. È un segno della vicinanza di Dio che tutti possono vedere. Uno "spettacolo" che parla della sollecitudine ddl Signore per tutti i suoi figli, che è rivelativo di una dedizione e di una cura riservata ai figli.


"Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati".  

Ecco di cosa si vanta Paolo, ciò di cui la mentalità del mondo si vergognerebbe. Da vero padre tiene per sé stoltezza, debolezza, disprezzo, purché i figli abbiano sapienza, forza e onore. 

È Cristo che capovolge i valori del nostro mondo, le priorità del nostro cuore. E in Cristo si può vivere nella serenità e nella gratitudine la situazione di ultimi per il regno, che Paolo descrive così bene.

È evidente che queste parole dell'apostolo sono dure ma estremamente vere. 

I nostri criteri nel giudicare i fratelli, i presbiteri, i laici impegnati, i fondatori di comunità e tutti coloro che lavorano nella chiesa, si scoprono come diametralmente opposti alla volontà del Maestro (cfr. Gc 2,2-5).

Non è nella forza e nel potere che risiede il nostro bene, non nel protagonismo e nella rivalità.

C'è bisogno continuo di conversione, consapevoli di essere deboli e limitati, affinché cresca il desiderio di mettersi alla sequela dell'umiltà di Gesù, servo per amore.


Link di approfondimento alla liturgia del giorno:


Prima lettura di 1Cor 4,6-15

Commento del 03/09/2022


Salmo 145 (144),17-18

Commento del 18/10/2023


Vangelo nella versione di Mc 2,23-28

Commento del 16/01/2024


Commenti

  1. noi deboli
    Si
    Io debole
    Dio mi innalza ,mi dà dignità di figlio.
    Non è mio vanto essere figlio!
    LUI mi dona.
    Tutto ,con la figliolanza,innanzitutto
    Grazie

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  2. "Poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini".
    Parole di Paolo.
    È lo spettacolo
    del Vangelo,
    dell' amore di Dio,
    della sua compassione.
    È lo spettacolo
    di cui tu ed io
    abbiamo bisogno.

    RispondiElimina

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