Prima lettura dell'1 agosto 2020

Eccomi in mano vostra
Ger 26,11-16.24

"In quei giorni, i sacerdoti e i profeti dissero ai capi e a tutto il popolo: «Una condanna a morte merita quest’uomo, perché ha profetizzato contro questa città, come avete udito con i vostri orecchi!».
Ma Geremìa rispose a tutti i capi e a tutto il popolo: «Il Signore mi ha mandato a profetizzare contro questo tempio e contro questa città le cose che avete ascoltato. Migliorate dunque la vostra condotta e le vostre azioni e ascoltate la voce del Signore, vostro Dio, e il Signore si pentirà del male che ha annunciato contro di voi.
Quanto a me, eccomi in mano vostra, fate di me come vi sembra bene e giusto; ma sappiate bene che, se voi mi ucciderete, sarete responsabili del sangue innocente, voi e tutti gli abitanti di questa città, perché il Signore mi ha veramente inviato a voi per dire ai vostri orecchi tutte queste parole».
I capi e tutto il popolo dissero ai sacerdoti e ai profeti: «Non ci deve essere condanna a morte per quest’uomo, perché ci ha parlato nel nome del Signore, nostro Dio». La mano di Achikàm, figlio di Safan, fu a favore di Geremìa, perché non lo consegnassero al popolo per metterlo a morte".

Come abbiamo visto nella liturgia di ieri, per volontà del Signore, Geremia profetizza contro Gerusalemme e il Tempio, ormai svuotati di forza profetica e di testimonianza al Dio vivente.
Ciò lo mette in contrasto con i capi e tutto il popolo si rivolta contro di lui pronto a condannarlo a morte come falso profeta.
"Una condanna a morte merita quest’uomo, perché ha profetizzato contro questa città, come avete udito con i vostri orecchi!"
La morte "meritata" per una profezia, per aver messo in discussione una religione che si ammanta di sacralità ma che passa sopra ad azioni malvage e ad un culto idolatrico che la Bibbia chiama "condotta perversa"(Ger 26, 3). È purtroppo di drammatica attualità!


"Ma Geremìa rispose a tutti i capi e a tutto il popolo: «Il Signore mi ha mandato a profetizzare contro questo tempio e contro questa città le cose che avete ascoltato".
Per il popolo, il profeta non può parlare contro la città santa per eccellenza, verso la città che Dio ha scelto come sua dimora. Ma è il Signore stesso a rinnegarla se non è più il segno che attrae tutte le nazioni verso di lui.
Geremia sottolinea che il Signore lo manda, non è una sua presa di posizione personale. Il profeta umilmente si mette al servizio della parola che ascolta e si fa guidare dalla volontà e dal modo di Dio di vedere le cose, anche se lui stesso a volte non comprende fino in fondo.

"Migliorate dunque la vostra condotta e le vostre azioni e ascoltate la voce del Signore, vostro Dio, e il Signore si pentirà del male che ha annunciato contro di voi".
Il male annunciato dalla profezia non è un castigo inflessibile ma funzionale alla conversione, cioè per il ritorno al Dio vero e all'abbandono degli idoli. Dio cerca il bene del suo popolo, non certo vuole distruggere chi ha strappato dalla schiavitù egiziana.

"Quanto a me, eccomi in mano vostra, fate di me come vi sembra bene e giusto; ma sappiate bene che, se voi mi ucciderete, sarete responsabili del sangue innocente, voi e tutti gli abitanti di questa città, perché il Signore mi ha veramente inviato a voi per dire ai vostri orecchi tutte queste parole".

E' il colpo di scena del brano! Ci si aspetterebbe l'inflessibilità nell'annuncio come nel profeta Elia, l'intransigenza di Mosè davanti ai suoi fratelli idolatri, la rabbia di Giobbe che deve predicare a pagani per annunciargli salvezza, il disprezzo di chi sà di essere dalla parte giusta davanti all'ottusità degli interlocutori.
E invece Geremia si arrende e si consegna al suo popolo. Si mette nelle mani dei fratelli sapendo che vogliono la sua morte.
Ma con questa resa apre loro gli occhi sul rischio di uccidere un innocente.
il Signore lo ha veramente mandato per il bene del suo popolo e Geremia fa sua questa volontà, anche a rischio di incomprensione e di morte.

"I capi e tutto il popolo dissero ai sacerdoti e ai profeti: «Non ci deve essere condanna a morte per quest’uomo, perché ci ha parlato nel nome del Signore, nostro Dio»".
Finalmente la parola del Signore, che passa per la non violenza, apre una breccia nei cuori induriti. I capi e il popolo riconoscono Geremia come profeta di Dio anche se ha profetato "contro" di loro.

"La mano di Achikàm, figlio di Safan, fu a favore di Geremìa, perché non lo consegnassero al popolo per metterlo a morte".
Con il voto favorevole di Achikàm, Geremia non è condannato a morte. La volontà del Signore si serve anche dei capi per salvare la vita del profeta e per far ragionare coloro che erano stati accecati dallo zelo esagerato nel tutelare il tempio.

Il cammino rischioso della Parola di Dio in mezzo al suo popolo è ben illustrato nelle vicende di Geremia. Il Signore si coinvolge nella vita di un Israele infedele e il profeta di conseguenza viene travolto dal suo stesso annuncio.
E' la stessa vicenda che travolge Gesù e quella comune ad ogni uomo che si fa docile ad una parola di vita, senza usare arroganza e potere per farsi ascoltare.
Ed è il dono più grande che si possa incontrare nel proprio cammino: uomini e donne che spendono tutto se stessi per partorire altri alla vita!

In amore nessuno è neutrale e per amore si rischia sempre di rimetterci.

Commenti

  1. "Ci ha parlato nel nome del Signore". È la definizione di ogni profeta. Chiunque parla, lo fa in nome di qualcuno o di qualcosa. Dietro ogni parola c'è sempre un dio, un desiderio, un obiettivo, una speranza. Chi parla nel nome del Signore che ha fatto il cielo e la terra è un profeta del Dio vivente. Dio è amore, Dio è dono gratuito, Dio dà tutto se stesso per noi, Dio non ricatta, Dio non pretende: le parole di chi parla nel suo nome profumano di queste cose. Ogni altro profeta sa di idolatria, di pretesa, di difesa di Dio, di minaccia, di vendetta. Il cuore di un credente discerne, coglie l'inedito e il divino, la filantropia di Dio, il suo amore per noi, nella parola profetica. Chi non viene per essere servito, ma per servire, parla nel nome del Signore. La parola di un profeta spinge oltre, dona energia per andare incontro al futuro, da luce per vedere oggi l'amore di Dio per noi.
    È bello poter dire: "Ci ha parlato nel nome del Signore".

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  2. Chi ama ci perde.
    È insito nell'amare il donare, non il prendere...
    Quindi se amo, non ho proprio la minima sensazione di perdere.
    Mi dimentico di questo verbo.

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  3. Parlare in nome del signore può significare anche andare in contro alla morte.. Geremia risponde con una forza sorprendente con la forza della mitezza di chi di sente che la sua vita è custodita da Dio. Lo scontro tra Geremia e i sacerdoti ruota attorno al tempio .si contrappongono due visione diverse del tempio ... Mi chiedo quale concezione ho del tempio:quella dei sacerdoti o quella del profeta

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  4. Una condanna a morte merita! Ma chi sono io per condannare un mio fratello? Chi mai mi ha dato il potere di condannare gli altri? E poi perché condannare? La condanna me la do proprio io quando cerco di condannare l' altro! Sì, ascoltiamo la voce del Signore l'unica che libera da deliri di onnipotenza e false illusioni. I profeti annunciano la salvezza, la libertà da catene mortali di pensiero , la verità che è la linfa della vita, parlano in nome del Signore, sono uomini che infondono speranza. Ringraziamo Dio per averci mandato i profeti con il loro credo, il loro coraggio e i loro messaggi di lealtà e vitalità.

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