Seconda lettura di domenica 12 settembre 2021

Con le mie opere ti mostrerò la mia fede
Gc 2, 14-18

"A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo?
Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.
Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede»".


Una falsa polarità compare spesso nei discorsi tra cristiani: fede o opere? Qual è la più importante, quale precede l'altra? Azione o contemplazione? La polemica ha radici lontane e l'abbiamo ereditata dai nostri fratelli ebrei. Giacomo l'affronta di petto nella sua lettera, offrendo varie immagini per fare capire il legame inscindibile tra le due realtà.

"Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede".
Giacomo ha esordito dicendo chiaramente: "A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere?"
Ha già scelto evidentemente, ma per dialogare con chi è nel dilemma, prende la via del paradosso: ipotizza che uno abbia la fede e un altro le opere sempre che, per assurdo, le due cose si possano separare.

"Mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede".
Giacomo parte dall'amore di Cristo che non è una teoria, ma la concretezza che ha portato alla salvezza: "E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi" (1Gv 4, 16).
La fede nasce da un'opera che ci precede e che ci conduce ad operare nell'amore vicendevole.
Le opere, i gesti, rivelano la fede, le motivazioni e l'orientamento del cuore. Senza gesti concreti si resta nel mondo della teoria e delle parole inutili.
La fede fiorisce in gesti amanti, si incarna nelle scelte che esprimono c stupore per l'Opera di Dio: aver voluto, desiderato, incarnato, per la salvezza dell'umanità, suo Figlio Cristo Gesù.
La fede diventa una forza che ci muove ad alleviare le tante sofferenze che bussano al nostro cuore.

Per Giacomo è chiaro che fede ed opere sono un tutt'uno. Sono i due lati della stessa medaglia che è il nostro rapporto con il Signore e con i fratelli.
Amare Dio e amare i fratelli è l'unica cosa che Gesù indica per entrare nel Regno (cfr. Mc 12, 30-31).
C'è un solo modo per uscire dall'emergenza della Chiesa del terzo millennio che sembra destinata a spegnere il fervore impresso dal Cristo: rimettere al centro la carità reciproca, recuperare il servizio all'umanità povera e sofferente come strada maestra che conduce al Padre.
Con l'amore vicendevole la Chiesa mostra di credere che il Cristo morto e risorto è salvezza oggi per tutti.


Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Prima lettura di 50, 4-9
Commento del 17/04/2019

Salmo 115 (114)
Commento del 04/07/2019

Vangelo di Marco 8, 27-33
Commento di 21/02/2019


Commenti

  1. "A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere?"
    Una domanda che mi risveglia.
    Una parola che squarcia l'illusione.
    Fede e opere: fiore e frutto, radice ed albero, fuoco e fiamma.
    La fede fa sorgere parole e gesti di vita.
    La fede sollecita voce e mani per amare.
    La fede apre il cuore e muove i passi verso i fratelli.
    "A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere?"

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  2. Tu hai fede, io le opere.
    Qualcuno lontano da TE, fa opere,
    Soccorre, dona, offre, è in altri termini
    ALTRUISTA
    Io ti frequento quotidianamente...
    La differenza è nel cuore?

    RispondiElimina

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