Salmo del 5 giugno 2024

A te alzo i miei occhi
Sal 123 (122),1-2

"1 A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.

2 Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.

Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,

così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi".

Il Salmo 123 è un canto di fiducia e di affidamento da parte di un popolo intero oppresso dai nemici mentre cammina faticosamente verso la patria tanto amata, Gerusalemme.
L'unico Signore, pastore sempre fedele, ha cura dei poveri e dei sofferenti e li accompagna nella liberazione da ogni male.
Nel canto un movimento ascensionale solleva i passi, gli sguardi, i cuori e li fa capaci di procedere nella speranza.

"A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli".

Gesto spontaneo nella preghiera è sollevare gli occhi al cielo, luogo simbolico della dimora di Dio. Ma ancora di più pregare significa indirizzare il cuore verso colui che vede e ascolta, che non lascia cadere le nostre invocazioni anche quando si fanno grida di angoscia o di ribellione.
Il Signore ha cura di chiunque viva sotto il cielo.
Gesù ci ha insegnato a dire "Padre nostro che sei nei cieli" per dare un orientamento alla nostra vita, liberata dalle schiavitù di questo mondo che non porta salvezza.
Egli stesso era visto dai discepoli mentre alzava gli occhi al cielo nella sua preghiera, proprio quando il cuore si faceva più pesante. Tanti sono i passi in cui lo sguardo al Padre precedeva un gesto fondamentale: la moltiplicazione dei pani e dei pesci (cfr. Mt 14, 19), la guarigione di un sordomuto (cfr. Mc 7,3), prima della risurrezione di Lazzaro (Gv 17,1).
In ognuno preghiera, invocazione, affidamento, erano indirizzati a colui che sosteneva Gesù nella sua missione di redenzione e liberazione dell'umanità.

"Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni".

Il paragone richiama l'attenzione e la prontezza ad obbedire ad un cenno.
Gli occhi dei servi sono in attesa di un beneficio da parte dei padroni, e la fissità dello sguardo denota attesa, speranza, fiducia.

"Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi".

Negli inni ebraici la ripetizione è molto comune è rafforza l'immagine richiamata nei versetti precedenti; qui si esalta l'atteggiamento che vive il credente nei confronti del suo Signore.
Gli occhi sono rivolti a colui che vede e solleva dagli affanni.
I figli implorano pietà, salvezza, accoglienza, riconciliazione e rimangono in attesa: il Signore non farà mancare la sua benevolenza!

Questo Salmo ci rivela quale sia il motore giusto che muove ogni fedele: è la speranza, che va alimentata da una preghiera fiduciosa e quotidiana.
La lettera agli Ebrei ci invita a camminare "tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento" (Eb 12,2).
I nostri occhi abbiamo sempre davanti la certezza che il Signore è misericordioso e fedele e nel Cristo ha risollevato ognuno di noi affinché la vita ci abiti per sempre.

Link di approfondimento alla liturgia del giorno:

Prima lettura di 2Tm 1,1-8
Commento del 26/01/2024

e 2Tm 1,8b-10
Commento del 05/03/2023

Vangelo di Mc 12,18-27
Commento del 07/06/2023

Commenti

  1. "A te alzo i miei occhi,
    a te che siedi nei cieli".
    Gli occhi rivolti al Signore.
    Il cuore orientato a lui.
    I passi guidati dalla sua Parola.
    La vita illuminate dal suo amore.
    Il giorno fecondato
    dalla speranza in lui.
    Il futuro rallegrato
    dalla sua promessa.
    "A te alzo i miei occhi,
    a te che siedi nei cieli"

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  2. "finché abbia pietà di noi".
    Grazie Signore per quello che mi doni gratis,sempre!
    Mi condoni il debito continuamente,sei "fatto" per questo.
    Grazie mio Salvatore

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